Passa il tempo, senza distinguersi in giorni e notti, vasto come il più vasto dei deserti.
E' un'aridità fatta di braci e ghiacci, che avanza e si dilata, risucchiandomi lo sguardo, i pensieri, i gesti nei suoi invisibili confini.
Confini tesi verso il basso, verso la profondità di un abisso dove l'oscurità e il silenzio appaiono come una salvezza.
Sono sopraffatto dalla totale assenza di aspettative nei confronti del mondo.
Il mondo che ho creduto mi appartenesse.
Quel mondo che doveva tenermi, con radici salde. E lasciarmi vagare sulle sue vie infinite, libero. Il mondo che mi ha giudicato, condannato, dimenticato.
Adesso lo guardo senza desiderio, né apprensione.
Senza preghiere: lo guardo nelle ferite dei miei compagni di cella, nel disprezzo delle guardie, nei frettolosi colloqui con l'avvocato.
Lo guardo nel dolore silenzioso di mia madre, nei suoi occhi che non sanno più piangere, nella sua voce che ha dimenticato il suono della parola 'figlio'.
E questo è il mondo che mi è toccato in sorte, o forse che, senza rendermene conto, una sera ho scelto.
Pioveva.
Pioveva quella sera di novembre e ogni cosa intorno sembrava scomparire, dissolversi completamente nell' acqua.
Non la vidi. L'ho giurato e lo giuro ancora, inutilmente.
L'ho giurato su Cristo, la Madonna, su tutti i Santi.
Inutilmente.
Non la vidi. Sentii solo un tonfo, attutito dal fragore del temporale.
Avevo colpito qualcosa di leggero, morbido.
E pensai ad un cane, perché forse in quel momento la coscienza istintivamente non volle nemmeno prendere in considerazione la possibilità che si trattasse di una persona.
Così, non mi fermai, non scesi a controllare e andai via.
Invece avevo investito Chiara.
Chiara, ventidue anni, uno scricciolo di ragazza con un giubbotto nero, che tornava a casa dal suo turno in un call center.
A piedi, perchè la sua auto quella sera non aveva voluto saperne di mettersi in moto.
L'avevo uccisa sul colpo, Chiara.
L' avevo uccisa io in una sera di pioggia.
Un assassino sono.
- Assassino - gridava la madre di Chiara al processo.
Assassino sarò per sempre, perché Chiara l'ho uccisa io e - sono scappato -
Con le mani dietro la schiena, passo la vita, perché non ho nulla davanti a cui tenderle. Ad imparare quanti passi si possono fare in poco più di undici metri quadrati e quanti pensieri devo mettere in fila per farmi coraggio ed infilare la testa in un sacchetto di plastica.
Per pagare definitivamente il mio debito con la giustizia di questo mondo.
Con Chiara che comunque non tornerà più dalla sua famiglia.
Per pagare definitivamente il debito con la mia coscienza.
- Blog di Stefania Stravato
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