Per una volta assecondo il desiderio e la curiosità di appropinquarmi al mondo giudaico concedendomi una visita guidata alle Sinagoghe del ghetto di Venezia, con relativo Museo Ebraico. Ce ne sono cinque ma solo tre di esse sono visibili ed ognuna rappresenta il luogo di culto relativo alla provenienza degli ebrei praticanti. Avendo già più volte confessato la mia più totale ignoranza riguardo a questo popolo, decido di porre rimedio almeno in parte e inizio la visita guidata alla prima Sinagoga.Dietro una porta anonima, in un palazzo come tanti, mi si presenta una "sala" molto ricca e peculiare che non delude le mie aspettative, si tratta della sinagoga della scuola tedesca. Mi immaginavo qualcosa di simile ma la realtà amplifica il mio stupore.Il luogo fa presagire il pudore del culto dietro le cinque aperture sul campo, dietro il pulpito che originariamente era posto più al centro, sempre all'opposto dell'arca, rigorosamente rivolta a Gerusalemme.Nessuna raffigurazione umana, legno oro e luce impreziosiscono questo mondo. In alto una sorta di balconata fa da corona alle sedute austere e un occhio al cielo traduce il significato precipuo della preghiera come dialogo con il divino e luce illuminante che rischiara i passi umani. L'arca è accessibile e aperta, mostrando scritte ebraiche in madreperla che vorrei saper leggere. Nell'insieme si respira l'esclusività del luogo, ricavato al penultimo piano del palazzo, essendo l'ultimo piano riservato alle donne, che non potevano avere accesso accanto agli uomini nel momento della preghiera. Attraverso un passaggio interno raggiungiamo la seconda Sinagoga detta del Canton , in quanto in angolo da una visuale esterna. L'entrata è diversa dalla prima, preceduta da un corridoio trasversale di sedute destinate alle donne che prelude alla sinagoga. Questa appare più massiccia e con alcune differenze, il pulpito è più rialzato e sopra l'arca compaiono i vetri colorati e sulle pareti raffigurazioni bibliche senza però rappresentare alcuna figura umana. Stoffe pregiate decorano il soffitto e spicca il rosso delle tende, un forte richiamo veneziano di aristocrazia. Il pulpito non è rischiarato come il precedente e l'apertura al cielo viene meno, per le donne invece compaiono aperture in alto, affacciate alla sala La terza ed ultima sinagoga è comunemente in uso agli iscritti anche se in alternanza con quella levantina che,essendo aperta fino a primavera, non ci ospita in visita.Entrambe sono nel ghetto vecchio e sono evidenti ad occhio nudo per portoni massicci, targhe e per le tipiche finestre di vetro lavorato di dimensioni notevoli.All'entrata in quella spagnola appunto, ci si presenta una scala che si biforca, elevando il fedele ad un piano nobile ma anche dividendo gli uomini dalle donne che, oggi, siedono nella stessa sala anche se schermate da una griglia lignea che copre all'altezza del volto.Il luogo ha l'aspetto di una Aula Magna, con banchi dedicati, contrassegnati da incisioni in ottone per ogni iscritto. Il pulpito è decisamente più in alto rispetto ai precedenti, compaiono candelabri di fattura importante quanto i ceri che sorreggono e l'arca ha una sorta di vestibolo che la impreziosisce, creando però una di distanza che prima non si avvertiva.Imponente nella sua visuale d'insieme, esprime una solennità più accentuata sia per grandezza che per luminosità, abbandonando il concetto iniziale di luogo adattato e nascosto che tanto si respira nella sinagoga tedesca. Peccato non si possa visitare quella italiana che si affaccia sul campo del ghetto nuovo ma che ancora non è stata inserita nei luoghi di culto visibili poiché sfrutta una scala comune a piani frequentati dagli abitanti del palazzo. Per quanto riguarda il Museo Ebraico c'è da perdersi tra oggetti di argento di culto e di vita quotidiana dai nomi impossibili da ricordare,t unitamente a stoffe antiche e lavorate finemente, iscrizioni, dediche, una gigantografia di un gruppo di persone nel ghetto ai tempi della sua vivacità. È davvero un mondo diverso e ricco di significati intrinsechi che non può esaurirsi con una sola visita fugace anche se l'intento mio è il primo passo.
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