Scritto da © sid liscious - Mar, 16/04/2019 - 12:12
Oggi la vicina sbatteva ritmica un tappeto dal davanzale mentre al solito delle parole d’assoluta verità tambureggiavano dalla mia mente, ma costoro, nell’orecchio, stonavano imbizzarrite e, nell’insieme
di percussioni col tappeto, si comportavano tale e quale, nell’occhio, la polvere visibilmente atterrita che… che miseramente sconfitta lasciava appunto il tappeto in balia di scossone, confusione e fatalismo.
E non è un accostamento incoraggiante codesto.
Dentro c’è uno specchio che ti rimanda più che a settembre.
Che ti rimanda d’inverno.
Che ti rimanda a data da destinarsi.
Proprio non riuscivano a prenderne il ritmo dettato dalla naturalità della vicina.
Proprio non c’era collegamento.
Proprio campionate da loop diversi, quelle mie sacrosante parole.
Proprio il caso di pensarci su un momento, insomma.
Vero! lei al contrario di me produceva ritmo reale ed udibile, però io anche aggiungevo concetti puri e da me provati incontestabilmente e nessuno può metterlo in dubbio ed allora se le situazioni non fondevano aggraziate potremo perfino dire niente…
Niente di grave.
Una piccola collisione gravitazionale fra me e la vicina.
Che in realtà era già successo pure in passato.
Che lei sempre va con i suoi.
Che io sempre vado con i miei.
Che molestare in quanto si viene molestati non è solito a chi dispone d’astrazione o verità.
E che la musica della vita non è unicamente voce e tamburo e pertanto serve continuare inserendo altri strumenti e strumentisti, dai quali senz’altro fioriranno melodie lievi, ritornelli sereni e… e magari qualche contrappunto greve.
L’importante non è la ragione, l’importante è trovare una ragione.
A trovare una ragione autorizza qualsiasi ragione.
Credo.
Credo un tamburo la sappia lunga in merito.
Era nato messaggero.
Poi non serviva più e s’è visto riciclato.
Tu farai ritmo a vita destinato e… e non ha fiatato.
Una nuova ragione tante volte va oltre il suo significato.
È come il giro armonico intero ch’è cambiato.
È il segnale.
È il seme che va coltivato.
La vicina annaffia il suo, io curo il mio, che se l’annaffio magari poi è col vino e succede un casino, e sembra una ragionata ragione comune l’abbiamo individuata bene.
Gravitare.
Gravitare.
Gravitare travolti dal tanto o dal nulla da fare.
Gravitare inermi tra incombenze, amore, cibo, vezzo, intelletto e bagno.
Inermi e sbadati e…
Ed è interessante adesso, una volta descritto l’ambiente che l’avevano generate, ritornare alle parole d’assoluta verità.
Roba per bene intendiamoci.
Razionalità e conoscenza prima di conclusione.
Le mie sono individuate da fitti ragionamenti ed infinite considerazioni in proposito.
Non sparo cose a caso io.
Ho cultura internazionale.
Ho informazione mondiale.
E…
Ed ho…
Ho pure una motivazione particolare per conferire loro la massima importanza e credibilità.
Una motivazione che più motivazione non è possibile.
Riconoscerle.
Riconoscerle svelto per abbandonarle.
Abbandonarle al loro destino con il medesimo atteggiamento che volgono il tappeto alla dipartita della polvere ed il contrappunto alla musica ed ai musicisti.
E cioè con considerazione da spartito e contatto a termine.
Non capisco perché quella polvere cerebrale aveva scelto giusto me per depositarsi e consolidarsi.
Non mi piacciono le cose che cadono dal cielo del cervello tali fulmini d’umanesimo psicanalizzato e le ragioni per cui necessita eterna ed inviolabile postazione fissa non m’interessano.
E le ragioni per cui necessita eterna ed inviolabile postazione fissa non m’interessano.
Io.
Io ho una certezza nella vita perbacco!
Una certezza reale e che di certo accadrà senza se e senza ma.
Una certezza che inficia alla base qualsiasi assunto cerebrale.
Un giorno.
Un giorno pioverà.
Pioverà e la vicina non sbatterà il tappeto e nessun altro s’inserirà e c’è il serissimo rischio quelle convinzioni di verità incontestabile allora, al risuonare sole, prendano un tono ed un andante troppo estasiante.
Troppo sognante.
Troppo.
Troppo da poter eventualmente anche perfino fregarmi ed è un rischio che non voglio mi sfiori.
Se voglio restare a modo mio è senz’altro in quanto ci sono già fin troppe persone che si fanno travolgere da loro e dalla loro perspicacia.
Meglio mantenere gli equilibri disegnati dal disegno.
Meglio preservare le proporzioni centripete.
Meglio un profilo meno pontificio.
Meglio anche se ovviamente è amaro rinunciare.
Fortuna.
Fortuna almeno non mi tocca soffrire.
Fortuna anzi della scelta c’è spesso da compiacersi e gioire al…
Al rimirar le goffe ed arrangiate esistenze di chi s’ostina a credere che il ritmo lo dia il metronomo e non l’ambiente.
Piaccia o meno è quello il ritmo naturale.
Quello prodotto dall’a sua volta vita che per forza di cose interagisce con noi.
E non è più quello originale.
L’abbiamo stravolto ed ora paghiamo dazio.
La maggioranza delle nostre menti sforna mostri non idee.
E la maggioranza di convinzioni è convinta non lo siano però… però ora è lo stesso troppo ingenuo accusare l’inventore del tappeto d’imperizia e noncuranza.
Ovvio, a suo tempo e prima di brevettarlo, lui considerò unicamente gl’indotti buoni della sua idea ed il fatto di non ricevere rimbrotti dalla moglie per il pavimento infangato l’aveva stimolato stimolato, ma noi da lui un assoluto niente abbiamo imparato se non l’accettare con inerzia l’altre facce delle medaglie e di conseguenza…
Di conseguenza, in primis in ognuno, il vivere pure l’indotto delle nostre idee non è considerato disgrazia evitabile, ma imponderabile fatalità al che all’oggi…
All’oggi la vita è ridotta a qualche bella canzone nella colonna sonora dell’inferno.
A qualche bella canzone nella colonna sonora dell’inferno.
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