Scritto da © Scintilla Elis - Mar, 29/04/2014 - 11:31
Al levarsi della luna
fra le luci che passavano
dalle stecche delle persiane, i sospiri
si facevano sempre più aperti, e gli occhi
si accomodavano nel buio privato delle mani.
Vorrei dirtelo, un giorno
quando smetterà di fare male : Tu
sai prendermi libera, e nella presa
mi lasci andare con lo spazio
di un pensiero battello
dalle venature del mare alle radici
che si infilano sotto terra e vanno avanti
per chilometri e chilometri, fra i vermi rosa
e l'argilla screpolata e seccata al sole.
“Siamo così diversi...”
pensava Yuma, mentre Jaziel stava seduto con la schiena appoggiata al cuscino, le gambe distese e gli occhi racchiusi dai vetri delle lenti e dal prato esterno che sembrava avere sempre davanti.
Sull’orecchio destro portava una penna, ma non aveva l'aria di qualcuno che avrebbe iniziato a scrivere.
Sporca di rugiada
stremata come dopo l'amore
lesa e ferita dalla stessa vittoria
vorrei caderti addosso, proprio lì
dove batte il cuore per sentire che rumore fai
nel silenzio che arriva, poco prima di dormire.
Yuma prese un altro pezzo di cioccolato e avvicinandosi allo specchio degli occhiali di Jaziel, che gli cascavano dal naso per la stessa forza di gravità che fa cadere le mele, gli chiese :
“Secondo te, Jaziel, è il dolore a renderci umani?”
Jaziel levò la testa dal petto e aprì lo spazio che chiude il mento, quasi a voler far entrare Yuma in sé per fermarla, visto che gli si aggirava intorno senza posa, ubriaca di malinconia.
La notte era pallida come il suo volto, il giardino fuori sembrava l'immagine di un sogno in madreperla.
Jaziel (con tono affettuoso, l'avvicina a sé) : “Anche, ma non solo. Gli animali provano dolore, non solo fisico ma anche emotivo, eppure non hanno il pensiero per riuscire a capirlo, dargli una ragione, distillarlo. Noi abbiamo sviluppato il pensiero complesso.”
Yuma : “Il pensiero però, spesso, nasce da un dolore. La riflessione che segue quando manca la sera... quando vuoi tornare a casa dopo che hai perso la verginità; il dolore ci accomuna.” (Nel bagliore di un lampo, gli pone per un istante la mano sul petto)
Poi cominciò ad agitare il braccio come avesse avuto uno di quei ventagli grandi, fatti di piume, e il suo corpo si muoveva seguendo la stessa corrente immaginaria che sembrava far dondolare anche la stanza. Uno sbattere contro e rimbalzare.
Jaziel : “Non sempre, se uno osserva una cosa piacevole mica ha dolore.” (mentre si sfila deciso la penna incastrata sull'orecchio, come se quel gesto fosse l'unica soluzione per interrompere l'oscillazione di quel corpo debole)
Yuma (con gli occhi bassi, si ferma) : “No, ma è più difficile trasmetterla agli altri, quella sensazione. Far capire quanto piacevole sia quella cosa per noi.”
Jaziel (quasi sottovoce per non distogliere la calma che riposava adesso nell'aria) : “Ma da lì può sviluppare un pensiero complesso e riuscire a farlo comprendere a tutti tramite messaggi scritti o corporali o vocali.”
Yuma storse la bocca, lasciò una riserva di fiato al silenzio, e poi continuò con una specie di rincorsa vocale : “Tu dici? Il dolore ci capisce meglio, secondo me, anche con poche parole; una cosa piacevole ha troppe pretese.”
Jaziel (ribatte subito con tono dolce) : “Il dolore ci unisce perché è insondato, ma passato il dolore bisogna vedere cosa rimane.”
Yuma : “No , parlo di unione iniziale, del comprendersi fra esseri umani, del trovarsi d'accordo e del venirsi incontro; di evitare il fracasso, di chiamare Figlio e Padre un uomo che non abbiamo mai visto.”
Jaziel : “Anche questa è questione di sensibilità, abbiamo dei meccanismi che ci permettono di sopportare il dolore, ma non quello fisico, bensì quello mentale.”
Yuma: “Ma come si fa a restare immobili davanti a chi soffre e sta provando dolore?”
Come un ramo fiorito al suo fianco, come la prima bellezza e come il dolore, curvandosi su di lei iniziò a sporgersi dai muri e dai giardini di quel cortile immaginario, dove Yuma andava a pensare e dove sempre è ora di dare udienza.
Jaziel : “Tu sai che dovrai morire prima o poi, come lo so io, ma questo non fa sì che ogni minuto- secondo si pensi alla morte.”
Yuma (scattando d'improvviso per l'istintivo bisogno di sapere) : “E che vuol dire?”
Jaziel : “È l'esempio di meccanismo.”
Yuma : “Vuoi dire che basta non pensare? Non vedere? Ma se è palese? Davanti? Se ti tirano per la manica, in strada, per farti voltare e guardare?”
Jaziel : “No!” (interrompendola subito) “Poi, dipende, palese e davanti quanto? E che rapporto vi è fra te e il dolorante?
Tu non stai disperandoti, ora, per il bambino che muore di fame... (le prende il polso, sovrapponendo un gesto d'amore a una spiegazione rude, le mette il polpastrello del pollice sulle vene sottili ma ben evidenti)
uno...
ora il secondo...
ora il terzo...
ora il quarto...
questa è la scansione.”
Il vento cominciò a urlare, agitato forse da quei discorsi che scrosciavano selvatici dalle bocche dei due personaggi. Le finestre chiuse e la pioggia che cantava. Sembrò quasi che un ricordo giovane fosse venuto a cercare Yuma per prenderla in sposa.
Il silenzio sembrò lungo tre mesi. La bocca di lupo piena di schiuma e il volo degli insetti notturni erano le sole cose rimaste presenti in quell'attimo di vita. Una lunga pausa, come se tutto fosse finito e non ci fosse nient'altro da dire o da fare.
Poi il canto del gallo schiarì l'ambiente e la voce di Yuma.
Yuma : “E io sono sul divano...” (impressionata e astratta riprende il discorso come dopo un'assenza, e si stringe a Jaziel) “adesso ho capito.”
Jaziel : “Esatto, e lo sai. Cosa diversa è l'elaborazione del lutto sulle persone vicine. Quelle hanno inciso la tua intimità, possiamo dunque dire che più la persona ha inciso in noi, più il meccanismo fa fatica a funzionare; e questo vale non solo per i congiunti.”
Yuma : “È un meccanismo buono secondo te?”
Jaziel (Sorridendole) : “Sì, se no impazziremmo, vivremmo perennemente angosciati senza quel filtro.”
Yuma : “Ma se questo meccanismo si mette in moto troppo spesso, non rischiamo di vivere esclusi?”(facendosi avanti lentamente)
Jaziel : “Quello è un fattore d'insensibilità ed è diverso poiché esso agisce come un muro, ovvero non ti fa rendere conto del reale. Mi spiego meglio: se tu parli di Africa e di bambini che muoiono di fame, tu sai che le colpe sono di vario tipo, sai che non è giusto, cioè hai trovato le varie ragioni della situazione, e sai che, tutto sommato, potrai incidere poco. Di fronte a una malattia, ad esempio, non si trova la ragione.”(torna a guardarla fermo negli occhi)
Yuma : “Però io ora mi sento insensibile verso quei bambini.” (si porta le mani alla bocca)
Yuma era immobile e fredda come il marmo, quasi a voler interrompere la catena di quell'ingranaggio di cui parlava Jaziel. Con gli occhi spalancati fissava le forme e i dettagli per capire meglio la funzione di quel meccanismo e quando, più precisamente, entrava in funzione. Se faceva uno scatto, se era possibile sentire un rumore.
Jaziel (Richiamandola a sé) : “Ma l'insensibilità di cui parlavo prima, esula e va oltre al meccanismo poiché essa rende incapaci di trovare la ragione.”
Yuma comprese che quel congegno non cominciava e non terminava. Era sempre in funzione, ma quando il fango diventa pericolo per i piedi, allora comincia il suo giro, si muove e si sdraia; sta con comodo davanti alla luna e ascolta il passo della gente che marcia a fatica.
Yuma : “Il meccanismo è la difesa, ma non esclude. Ho capito. Come la lucentezza del sole del nord che viene a spogliarsi qui.” (pensò fra sé e sé)
Jaziel : “Esatto. (fa cenno di sì col capo) Nel momento stesso in cui tu andrai missionaria in Africa, quindi bisogna vedere quanto a uno funziona bene il meccanismo, saprai a cosa andrai incontro. Sicuramente piangerai perché toccherai coi sensi ciò che hai sempre saputo. Poi continuerai la tua vita - l 'incisione del tuo intimo.”
Yuma (Con un gesto di meraviglia ) : “Serve qualcosa in comune per venirsi incontro anche nel dolore. Serve giacere diversi nella stessa fossa di terra e cadaveri.”
Jaziel : “Sì, io penso così, però ci sono casi, ad esempio nelle calamità naturali, dove l'umano fraternizza di più e, a seconda dei casi, nascono amicizie, perché in quel momento e in quella situazione non vi sono divisioni.”
Yuma : “Si sta vivendo insieme, sì.”
Jaziel : “Si è nudi.”
Yuma (Tira un gran respiro di sollievo) : “Non può partire il meccanismo.”
Jaziel (volta il capo e l'abbraccia) : “Non ce n'è bisogno, c'è dolore immenso, un insieme di dolore che va distillato.”
Yuma chiuse finalmente gli occhi e le salì un sorriso sottile sul viso, mentre le mani stropicciavano il tessuto morbido e lanoso del divano. Dentro ogni male adesso era serena. Sulla roccia nuda posava le sue ossa, e non si vedevano le fratture, soltanto una lunga fila di tigli bianchi che sgrondavano laghi di profumo
Yuma : “Vorrei dormire come dormono i morti, stanotte.”
E poggiando la testa dove Jaziel un attimo prima levò la sua, ascoltò l'armonia delle ombre, e si addormentò.
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