Scritto da © Hjeronimus - Mer, 02/02/2011 - 17:32
Cos’è la Saudade, dov’è, dove si raggomitola oscura, impenetrabile, dolorosa?… Allora dissi al cieco: te magari non lo sai cos’è il cielo, ma noi non sappiamo tutto il resto, mentre il rimorso ci s’accanisce dentro, inammansibile, ci si arrotola nello stomaco come la fauce di uno squalo… e ci divora senza soggetto, così, tanto perché ci sia qualcosa dentro lo squarcio delle nostre ulcerate respirazioni.
Per esempio, c’era la casa al quinto piano, che non acquistammo mai, ma che mio padre ci ricamava contro, che lui non ci aveva fiato fino al quinto piano. C’era la macchina di mia madre, la “Bianchina”; di mia madre che non sapeva comprare macchine, né condurle d’altronde. Così che acquistò la Bianchina e la guidò come poteva. Soltanto per un po’, finché decadde e finì allo sfascio. Le macchine guidate da mia madre finivano sempre allo sfascio, era impossibile rivenderle.
Ci fu pure un amore, immenso, senza limite, grande come una resa senza condizioni. Che s’arrese lui pure, d’altronde, davanti alla intrascendibile nullità che siamo. Tutto piomba nel niente, come un peso morto gettato dalla maledetta Rupe Tarpea di quest’ottusa filastrocca a moto perpetuo. Che dovrebbe essere la vita e che invece è fango, sangue, rovina, e null’altro… ecco cosa ci rimorde, ecco la nostra attonita nostalgia, il nostro smarrimento inestinguibile, cattivo… Siamo cibo andato a male, che rimpiange per sempre una freschezza ed una pienezza che furono soltanto la frangibile utopia di una buona intenzione mai avverata. Mai più avverata. Mai più. Mai più.
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