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Lettera di Natale

Camminava tranquillo per la via, evitava i passanti che per via della prossimità delle feste natalizie si muovevano con frenesia per gli ultimi acquisti. Qualcosa mancava sempre.
Scansò una madre che, colma di pacchetti, teneva per mano il figlio che la stava trascinando verso un negozio di giocattoli. A quella vista, all'improvviso si ritrovò bambino. Era a passeggio con la madre e la nonna, entrambe lo tenevano per mano e lui, piccino, allungava le braccia e faceva fatica a stringergliele. Si erano fermati davanti alla vetrina di una cartoleria che esponeva statuine del presepe e una giostrina con cavalli che emetteva il suono di un carillon. Incantato, a bocca aperta osservava quella meraviglia.
Il sapore dell'infanzia lo colpì in pieno, stordendolo. Si riprese e toccò la tasca del cappotto dove teneva la lettera. Era ancora lì. Controllò l'orologio, era presto per l'appuntamento. Si avviò all'abituale bar dove consumava un caffè prima dell'incontro.
Il solito, Professore?
Sì, ben caldo, mi raccomando.
Certo. Cosa ha preparato per oggi?
Il consueto appuntamento natalizio...
Uscendo dal bar scansò la folla e si avviò verso lo stabile che ospitava la stazione radiofonica.
Era ormai consuetudine che conducesse uno spazio di lettura. La cosa era iniziata un paio d'anni fa su invito di un amico che faceva parte della società radiofonica. Era titubante, da anni faceva delle letture, ma sempre in presenza del pubblico.
Alla radio aveva iniziato prima leggendo poesie, in seguito dei suoi scritti.
La cosa aveva riscosso un discreto successo, gli avevano quindi dedicato uno spazio domenicale. “L'angolo della Parola”. La rubrica era gradita da numerose ascoltatrici che avevano inondato di lettere la redazione.
 
Entrò nello studio e subito avvertì la frenesia del personale. Fonici e conduttori in eterno battibecco sulla qualità del suono delle voci. Susanna, la conduttrice delle interviste, vivacissima, due guanciotte piene che mettevano simpatia, contrariamente alla sua consueta acconciatura: capelli raccolti con un elastico colorato sulla nuca, attraversati da una matita, indossava un berretto da Babbo Natale e, al di là della consolle, la poltroncina per gli ospiti era stracolma di pacchetti. Sulle pareti pendevano festoni argentati e in un angolo un albero di natale ricolmo di nastri e lampadine lampeggiava ad intermittenza.
L'aiuto regista gli fece un cenno di saluto e gli indicò la solita saletta dove avrebbe trasmesso le sue letture. Quel ragazzone alto e smilzo era l'anima della stazione radiofonica.
Entrò nella saletta e appoggiò il cappotto su una sedia. Seduto sulla poltroncina spiegò la lettera sul tavolo davanti al microfono. Prese la bottiglia d'acqua e ne versò due dita nel bicchiere. Bevvè un sorso e articolò alcuni suoni per scaldare la voce.
Si rilassò e cercò di fare il vuoto dentro di sé. I rumori esterni dello studio erano completamente smorzati dalla coibentazione delle pareti. Tutte le volte che entrava e chiudeva quella porta gli pareva di fare un tuffo nelle profondità del mare.
L'aiuto regista bussò sul vetro e con le dita della mano iniziò a scandire i minuti:
cinque... quattro... tre... due...
Un altoparlante si attivò, attenuò il tappeto musicale e la voce di Susanna saturò il locale.
 
Ed ora, cari amici ascoltatori, ecco a voi la consueta rubrica “L'angolo della Parola”. Oggi il nostro conduttore vi proporrà la “Lettera di Natale”.
 
  [ Care amiche e cari amici,
si è tutti più buoni, pensando al Natale. E non si capisce se si è buoni pasto o buoni benzina, oppure buoni sconto. Eppure si è buoni. Esili foglietti di carta con delle lettere e cifre stampate sopra, i buoni, appunto.
E se per un istante staccassimo il sonoro e operassimo un fermo immagine al quotidiano?
In un algido silenzio, in una scena irreale, da fantascienza, scenderebbe la neve e la luce della cometa brillerebbe all'orizzonte.
La capanna la troveremmo là, nella fabbrica chiusa, nel negozio fallito, riflessa nello sguardo del disoccupato, nell'artigiano che ha dismesso l'attività, nelle vetrine vuote.
Ma è in quella mangiatoia che si riversano le speranze di un riscatto, di un futuro.
Guardiamo il cielo, un messaggio negato. Una intera generazione proiettata sul disagio del presente. Anche il ricordo degli anni “belli” per pudore si arresta. Ma è Natale. C'è il presepe da allestire, l'albero da innalzare (il solito giacobino!), e la gioia da cercare tra le pieghe di questi anni... tra lo scorrere dei mesi, e lo sbriciolare degli attimi.
La riflessione della bontà sull'uomo cozza contro un muro armato di Kalashnikov .
Meglio sospendere, arrestare il respiro per un attimo. Anche la parola si è fatta selvaggia.
Eppure c'è un'infanzia in tutti noi. C'è la stagione dei sogni nel percorso ad ostacoli della vita.
E c'è anche il Natale.
Quello attuale e quello del ricordo. Quello dei pacchi dono della fabbrica; dei cri-cri e dei mandarini e le noccioline americane appese all'albero.
C'è anche il meccano, embrionale kit per aspiranti costruttori (che sarà mai la Tour Eiffel, se non uno sciangai di travi e bulloni rivettati a caldo).
Ma il momento clou della notte di Natale era, per i bambini, dopo la messa di mezzanotte, l'apertura dei pacchi. Gesù bambino ottemperava obbediente la sua visita (puntualissimo, mai, in tanti anni, un ritardo). I doni, erano quasi mai quelli desiderati, bramati, richiesti, per via delle difficoltà economiche stornati su qualcosa più alla portata (erano gli anni in cui nelle famiglie comparivano i primi frigoriferi acquistati a rate).
Ma il momento era magico comunque. Un attimo di sospensione.
Nei bar i juke box e i flipper facevano sentire la loro musica.
E poi c'era la neve. Cadeva con leggerezza, con grazia, una carezza dal cielo. I fiocchi, nel momento che lo sguardo li catturava, avevano il loro attimo di presenza, di protagonismo, sino a quando non si compattavano, dissolvendo la loro unicità, nel manto di neve (una probabile metafora del vivere? Forse).
Ma Natale è sempre Natale. E il colore rosso degli addobbi richiama forte il colore del fuoco, della passione, della vita. E' momento di riflessione e gioia. Di allegria.
Scendiamo un istante dalla giostra, abbandoniamo il silenzio e condividiamo la gioia collettiva. Grande è il messaggio. La vita continuerà oltre, anche dopo. E si sa (basta guardare le partite di calcio) i tempi supplementari, tra la tensione e l'angoscia, “sfiniscono”. Sempre.
"Voglio una vita spericolata... Voglio una vita maleducata... Voglio una vita esagerata...
Ognuno a rincorrere i suoi guai / Ognuno col suo viaggio ognuno diverso /Ognuno in fondo perso dentro i fatti suoi."
Così canta Vasco Rossi, ma oggi la canzone da intonare è : “Tu scendi dalle stelle” o “Bianco Natal”, ma sì, non neghiamoci questi momenti. Ritorniamo bambini e passiamo nella cruna dell'ago. Certo ci spiace per il cammello che resterà in panchina (precettato per il trasporto dei re magi, come farà, poverino?), ma sarà un buon Natale anche per lui. E per tutti noi.
 
BUON NATALE A TUTTI VOI ]
 
Come sempre, al termine della lettura si sentì svuotato. La musica aveva ripreso con i consueti stacchi pubblicitari. Aldilà del vetro, l'aiuto regista gli sorrise sollevando il alto il pollice. Si alzò e con il cappotto sotto braccio si avviò verso gli ascensori. La solita trattoria per il pranzo domenicale lo attendeva. In strada, sollevò il viso, alcuni fiocchi di neve stavano scendendo dal cielo.
 

 #
Un finale sconsolato per una "lettura" assai coinvolgente. Però il tutto trovo che sia molto toccante. 
Grazie e tanti auguri a te e ai tuoi cari.
 

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