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La calle

la calle, foto dell'autore
E poi ti perdi nella notte, dove una calle si infila in un'altra e nell'attimo di un respiro, in un frammento di istante, ti ritrovi proiettato in un labirinto di calli, sempre più strette, sempre più lunghe. Alcune, al fondo del percorso, finiscono su un rio o su un canale. Il colore dei muri, illuminato da scarsi lampioni, stempera il rosso del mattone che assume un colore bruno, mentre le pozze di luce restituiscono le sue tonalità chiare. E sono le rughe dei muri, scalfiti dalla salsedine a donare una patina di vissuto, un'aura a questi luoghi, a creare un'atmosfera di sospensione, di mistero. Qualche gatto in fuga punteggia il vuoto della notte e il silenzio si riflette tra le case. Ogni tanto una porta con una numerazione a quattro cifre interrompe la fila di mattoni. La suggestione dell'istante, dove la notte regna sovrana, ti riporta alla mente il film “Labyrinth”, con David Bowie, dove il muro si estende, si trasforma, si anima, confonde e stordisce. E ti ritornano alla mente le parole di una amica veneziana, “Durante la guerra, in queste calli, i tedeschi non osavano avventurarsi per paura degli agguati. Mio padre stampava manifesti clandestini, ed è rimasto chiuso in una tipografia "sconta" per circa nove mesi. Gli portavano il mangiare di nascosto. Fortunatamente, oggi, in queste calli ci trovi i morosi che si baciano”. Riprendi il cammino tastando nella mappa mentale i punti di riferimento. Dai labirinti fisici si esce, mentre è difficile uscire da quelli mentali, San Servolo ne è una testimonianza. Guardi il cielo, la luna è nascosta da una fascia di nuvole, cammini e dopo un paio di deviazioni, dopo un ponte, così, quasi all'improvviso ecco apparire campo Santa Margherita davanti ai tuoi occhi. Spegni la mappa mentale e contini a camminare in abbrivio, pilotato dai sensi, che riconoscono ormai i percorsi abituali.

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