La montagna si era rannuvolata. Seduto al tavolo, vedevo le nubi coprirne i rilievi, oscurare il cielo. Poi il mio sguardo era scivolato, dalla finestra, al piatto davanti a me. La sala era animata dal brusio dei commensali. Mia moglie stava terminando il dolce. Lui era seduto al tavolo di fianco. L'avevo già notato nel pomeriggio, seduto nel dehors dell'albergo/rifugio, mentre stava leggendo. Dalle fattezze e dagli abiti sembrava un escursionista inglese. Un alpenstok appoggiato al muro, gli scarponi in cuoio grasso, il viso chiazzato di rosso, che suggeriva un lieve accenno di couperose, una camicia a riquadri e un cardigan color prugna mi avevano indotto a questa suggestione.
E anche ora, mentre stava cenando taciturno, il libro giaceva appoggiato su una sedia al suo fianco.
“Che cosa legge?”avevo domandato incuriosito.
“Platone” era stata la risposta, velata da un senso di timidezza.
“Ah!...” Dunque quella copertina in tela verde, scambiata da me inizialmente per una guida o una Bibbia, era in realtà una vecchia collana della Mondadori di testi di filosofia.
“Studia filosofia?” avevo chiesto, incuriosito.
“Sono critico d'arte”
“Però!” avevo tossito, e il genepì che stavo sorseggiando mi era andato di traverso. I visi di Berenson, Zeri, e Sgarbi, per un istante, come in un carosello, mi erano volteggiati davanti.
“Amo molto le recensioni sull'arte di Marco Vallora. Scrive sulla Stampa, ha un suo stile molto suggestivo.” avevo detto tutto di un fiato, con la voce rauca, intercalata da accenni di tosse.
“Ho studiato i maestri antichi, ho fatto ricerche sulla composizione del colore, ho letto antichi manoscritti e, preparando i colori, sono riuscito a raggiungere una buona specializzazione sull'uso della velatura,” mi aveva detto aggiustandosi gli occhiali con il pollice e l'indice, poi aveva continuato dicendo:
“Gli antichi maestri avevano raggiunto il massimo nell'arte. Pensi ad un Andrea del Sarto, ad esempio. È un grande! Ah i moderni...”aveva detto dopo un attimo di silenzio, poi di getto aveva ripreso con enfasi. “I vari Fontana, Merz, guardi le loro tele, i loro lavori, deperiscono giorno per giorno, il colore si opacizza, si sporca, si stacca. Non reggeranno nel tempo. Ma se lei osserva i lavori di Andrea del Sarto, a distanza di secoli vedrà che il colore regge! E la composizione... ah, la composizione... la tipica composizione rinascimentale che cela l'invenzione di un simbolismo...”
Non lo seguivo più, il mio pensiero era corso all'igloo di Merz sulla nuova Spina tracciata a Torino. Era sera, e quella semisfera avvolta dalle luci al neon e giochi d'acqua era comparsa all'improvviso davanti ai miei occhi. Tana, casa, capanna o igloo, o qualsiasi altro rifugio che l'uomo era riuscito a costruire nei secoli, ebbene, quella cosa, che lo rappresentava, mi aveva fatto battere il cuore. Grazie Mario!, avevo pensato d'istinto.
“D'accordo, non discuto sui classici, ma io amo anche i moderni, lei pensi a
a Jackson Pollock, un Lucien Freud, oppure a Sutherland, Bacon. Ecco, Francis Bacon lo trovo veramente espressivo, mi coinvolgono i suoi lavori, li trovo così...così atroci e intensi!” ero esploso a difesa dei miei autori preferiti, e poi provocatoriamente avevo detto:
“Ma questi li possiamo ormai definire degli artisti classici. Lei pensi a una artista come Janet Cardiff, le sue opere, le installazioni...” e, dopo una pausa di riflessione, avevo ripreso dicendo:
“Le sue opere evocano la narrativa, l'intimità, la percezione... le passeggiate sonore...”
“Lei si fa trasportare dalle sensazioni, dalle emozioni. La pittura è innanzitutto linguaggio.”mi aveva detto interrompendomi, e poi aveva aggiunto:
“Gli stili, gli stili sono catalogazioni che i critici d'arte hanno inventato per stabilire periodi storici, nient'altro. Che cosa vuol dire Manierismo?”Aveva poi cercato nel portafoglio un biglietto da visita, e sporgendomelo, mentre si alzava dal tavolo, aveva detto:
“Oltre a fare il critico d'arte, insegno pittura, ho degli allievi che vengono da Torino. Tenga. Buonasera, e grazie per la conversazione.”
Poi era uscito dalla sala da pranzo.
E ora, seduto in un albergo/rifugio a 1800 metri, mentre alla tavola di fianco quattro rocciatori commentavano la via che avevano chiodato durante il giorno, ripensavo a questo singolare incontro.
Mia moglie era salita in camera, ed io ero uscito fuori dell'albergo. Il lago incombeva con la sua massa scura d'acqua. Percepivo tutta la sua possenza, e nel contempo ero affascinato dal bagliore spettrale delle luci proiettate contro il bacino di contenimento. Il cielo era chiaro, e l'anfiteatro delle montagne si stagliava nitido con i contorni ben definiti. Alcune stelle rallegravano lo scenario. Percepivo chiari i rumori della notte.
Il mattino dopo una leggera foschia velava il lago. Alcune nubi coprivano il cielo. Dopo colazione, io e mia moglie, eravamo saliti in camera e ci eravamo cambiati per fare un'escursione.
Avevamo costeggiato il lago e, mentre i nostri scarponi sollevavano la polvere del sentiero, una leggera, ma costante, bava di vento aveva lentamente spostato le nubi. Il cielo era ora schiarito. Eravamo saliti lungo una mulattiera che costeggiava il lago, l'albergo, sotto di noi rimpiccioliva sempre più. Dopo un paio di tornanti, lungo un dirupo roccioso avevamo visto una colonia di marmotte. La sentinella era ritta sulle due zampe posteriori, il muso proteso verso l'alto, intenta a controllare il territorio. Eravamo contro vento, per cui non potevano sentire il nostro odore e il rumore delle nostre voci. Le osservammo in tutta tranquillità.
E fu dopo un altro tornante che vidi, sul sentiero del versante opposto della montagna, la figura del nostro filosofo, già di ritorno verso l'albergo. Ci salutammo con un cenno della mano. E, ripreso il cammino, il mio pensiero continuò a rimurginare su: Andrea del Sarto, Platone, Pollock e Janet Cardiff, e quell'insolito personaggio.
- Blog di Rinaldo Ambrosia
- 1065 letture