a L., in un giorno per lei speciale.
È sabato e sei schiacciata dalla folla. Attendi che si aprano le porte della sala. Fuori piove una luce grigia e fredda. Ti sembra di essere ad una svendita, ad una apoteosi di saldi, dove la gente attende l'apertura dell'outlet per precipitarsi tra scaffali ricolmi di camicie e maglie. Ma sono le parole, lievi suoni che, estratti dalla pagina, vengono riversati al pubblico.
Prosa e poesia, in un dolce connubio.
Sei ad una premiazione, alla tua premiazione. É un grande giorno, oggi. Ed ecco spalancarsi le porte e la gente affluire nella sala, occupando i posti migliori. Sul palco la giuria del prende posto.
L'oratore inizia la presentazione, mentre tu, agitata più che nervosa, osservi gli astanti. La tua insegnante delle magistrali e il tuo professore dell'Università sono lì, vicino a te, fanno da contrappunto alla tua ansia. Ti senti un po' meno sola mentre arrossisci imbarazzata.
Tra il pubblico c'è anche un tuo lettore con il quale scambi alcune parole. Sono parole brevi, dove esterni apertamente il tuo essere “selvatica”, così definisci un aspetto del tuo carattere riservato. Sorridi, mentre la giostra si mette lentamente in moto.
Le personalità, i politici, gli organizzatori e la giuria si alternano nel presentare i vari classificati, nello sciorinare una rosa di nomi. Man mano che si avvicina la sezione dove ti sei classificata, il primo premio per la prosa opere pubblicate, il disagio sale. Le tue gote si infiammano in lampi di colore, mentre fuori, sotto il cielo di Torino, un manto di nubi grigie riversa scrosci d'acqua.
L'oratore declina ora l'incipit dei racconti e la premiazione scorre tra il vuoto degli assenti.
Il quinto premio... il quarto premio... il secondo premio... il primo classificato per la sezione...
Senti pronunciare il tuo nome. Ti alzi, rassetti con un gesto automatico la gonna e ti avvii verso il palco, accompagnata da uno scrosciare di applausi.
Con il volto infuocato, saluti il presidente e la giuria, ritiri il premio. Hai caldo, ti volti verso il pubblico, mentre i fotografi indugiano sui loro scatti. Sorridi, impacciata per l'inusuale situazione e l'oratore, ad alta voce, declama l'incipit del tuo racconto.
Pensi a quelle singolari parole, a quando hai iniziato a tracciarle sulla carta. Ritorni a quei giorni, al momento in cui il racconto prendeva vita, assumeva ritmo. Ripensi alla sensazione di vuoto e di felicità che avevi provato alla fine della storia. Alle ore passate a correggere, a variare intere frasi, a revisionare lo scritto, con fatica e indulgenza.
Ma il nuovo scroscio di applausi ti riporta al presente. Saluti i giurati, le personalità e, finalmente gioiosa, percorri il corridoio e ti abbandoni, rilassata, sulla poltrona.
- Blog di Rinaldo Ambrosia
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