Scritto da © Rinaldo Ambrosia - Mer, 24/09/2014 - 10:14
Era come leggere poesie ai cedri del Libano,
dissipare versi agli Ippocastani
sapendo già che la poesia
balbettava altrove,
chiusa in barattoli ermetici
meditava sulle rime baciate
(dall'ombelico in giù o in su)
con i capelli raccolti o sciolti sulle spalle
della sua Musa assente, e poi sui baci
di Catullo, mille baci e poi cento,
poi altri mille e poi altri cento,
poi altri mille e poi altri cento,
a computare le matematiche passioni di Lesbia,
nell'ardore dell'intimità contemporanea,
dove di soppiatto le passioni fondono
come Baci Perugina nella declinazione
dell'amore.
Batti un verso, o banditore, all'asta della poesia
lungo la fuga dei giorni, su sentieri impervi
e staccionate aride, dove ogni latitudine
accoglie un suono spaiato, portato lì
dal soffio degli alisei, stracciato dalla vita
nell'inquieta ricerca: "Dr. Livingstone, I presume" ,
ma la poesia, come un soffio, corre, di verso in verso,
di nazione in nazione, nei suoi innumerevoli petali dissolti,
mentre i Baci Perugina sono già terminati.
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