Agli appuntamenti d’ amore
per l’arsura, correvo tremante
ghiotto di profumi inebrianti, contatti
frenetici eccitanti.
Della bruna gli occhi nocciola
spiritati, ingordi di novizi maschi
odorosa d’ intimi bagnati, palpitanti.
Della rossa, color gatto i capelli
con efelidi graziose dappertutto
capezzoli lampone maturo e
le cosce candide, lunghe, sode.
La silenziosa, timida, introversa
che metteva nastri bianchi
alle lunghe trecce brune, a
frustar l’aria per si o no piccosi
dalle braccia avvolgere si lasciava
e puntava decisa, il pube indagatore
contro il mio, da tanto tempo teso
Zazzera, dalla frangetta nera
mi portava via. La figlia di Valsugana
creola si diceva, la più bella del rione
di lei l’incarnato scuro, i lineamenti
fieri, il cipiglio vibrante come vento maestro.
Diventavamo due febbricitanti, nei mutui vezzi
là dove l’eccitazione vuole la frenesia
e abbandonarci poi come in eliso.
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