Scritto da © giuseppe diodati - Mar, 12/01/2010 - 20:20
Andavo a vestire le mosche
quando marinavo la scuola,
per te Sara
dai capezzoli di seta
e le labbra oddolcite col miele.
quando marinavo la scuola,
per te Sara
dai capezzoli di seta
e le labbra oddolcite col miele.
Non ho mai capito
la ragione di un popolo eletto,
nemmeno le persecuzioni
delle sere d'inverno
con le camicie nere
dalle mutande strette.
la ragione di un popolo eletto,
nemmeno le persecuzioni
delle sere d'inverno
con le camicie nere
dalle mutande strette.
I piccioni sulla cupola
rincorrevano dolori,
su quella stella di Davide
un destino d'estate romana.
rincorrevano dolori,
su quella stella di Davide
un destino d'estate romana.
Un violoncello Sara,
un violoncello della signora
con la veste nera
davanti al portone,
con i poliziotti mascherati di fard
che pulivano gli occhiali.
un violoncello della signora
con la veste nera
davanti al portone,
con i poliziotti mascherati di fard
che pulivano gli occhiali.
Erano macchiati di nero
i piccioni Sara,
di nero,
forse per uno strano ricordo,
forse perchè questo amore
doveva finire così,
guardando i piccioni
macchiati di nero
sulla cupola della Sinagoga,
quando andavo a vestire le mosche
d'adoloscente indovino
a Roma
raccogliendo semi di papavero rosso.
i piccioni Sara,
di nero,
forse per uno strano ricordo,
forse perchè questo amore
doveva finire così,
guardando i piccioni
macchiati di nero
sulla cupola della Sinagoga,
quando andavo a vestire le mosche
d'adoloscente indovino
a Roma
raccogliendo semi di papavero rosso.
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