Scritto da © Piero Lo Iacono - Sab, 26/02/2011 - 19:20
“Se c’è una cosa di cui un pesce è inconsapevole è l’acqua nella quale nuota” (M.McLuhan)
Dalla bolla di vetro
spiano il gatto ipernutrito,
impigrito sul divano della padrona,
ridotto a un cuscino coccolato,
che la tv guarda quando pranza.
Coi fianchi serpeggianti l’acqua si lavorano.
Poi scodinzolano codando il liquido.
E s’invorticano nelle squame acciambellandosi.
Ho la sensazione di essere un pesciolino rosso
affaccendato in una vasca.
Un’anguilla d’allevamento.
Un rumble fish incattivito di cattività.
A cui fanno credere che sia il mare l’acquario.
E come tutti i pesciolini rossi mi fido che qualcuno,
un dio probabilmente,
venga a cambiarmi l’acqua ogni volta
finché non ne avrà più voglia.
Fummo già tutti pesci nella pancia di una madre,
poi rane spondate (e i pesci ci sopravvissero nelle orecchie).
La società fuori è un combattimento di galli.
Lo stesso mare con nomi diversi.
Dove tutti galleggiano
con azzime zattere
di marmo e di cristallo
dimenticandosi di vivere.
Muore il pesce nella sua stessa acqua.
Non sapendo respirare l’aria.
Né gettarsi al salto in salvo d’uno sbocco.
“Questo è per il tuo silenzio!” mi dissero.
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