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Un racconto

 
La corriera procedeva con tranquillità sospetta lungo la strada statale. Mi ero assopito, cullato dal lieve ondeggiare del mezzo. Un sonno breve che non mi aveva impedito di sognare di trovarmi in un gran palazzo in mezzo a un deserto, un palazzo di sette piani, ed ero uno dei sette messaggeri che dovevano essere ricevuti dal re di quel paese. Risvegliatomi, guardai fuori. Nessuno che ci precedesse o che ci stesse seguendo. Il traffico era concentrato tutto nell’altra corsia, in direzione opposta. Strano, quella strada con il tempo era divenuta d’importanza secondaria, e non ricordavo di avervi mai contato tanti mezzi come quel giorno. Sembrava di vedere una riedizione delle domeniche al mare sulle strade degli anni sessanta. Sembrava a metà. Come già detto, nella nostra via c’eravamo solo noi.
Quello che più m’inquietava però era il comportamento delle poche persone che si potevano scorgere a terra, lungo la strada, davanti alle loro case, nei campi. Avevano tutte una gran fretta. Di andarsene. Tutte verso la medesima meta. Lontano da dove ci stavamo dirigendo noi. Vidi anche dei topi correre per strada nella stessa direzione. La mia preoccupazione poi stava raggiungendo livelli parossistici nella constatazione di un’ambiguità di fondo che all’inizio non avevo notato, ma che ora emergeva in totale evidenza. Gli altri passeggeri, impegnati ognuno nelle diverse occupazioni d’uso durante un viaggio, chi a leggere, chi a guardare il paesaggio, chi a confabulare con il vicino, erano tutti, nessuno escluso, tranquilli.  Sembrava che quello che stava succedendo fuori non fosse cosa per loro, come se non appartenessero a quella realtà.  Forse era vero, forse ero io che stavo  esagerando, forse non riuscivo ad interpretare bene le immagini che stavo vedendo. Forse è così che si presenta la follia.
La poltrona al mio fianco era vuota, così anche quelle della stessa fila sull’altro lato della corriera. In quelle davanti c’erano un uomo e una donna di giovane età, forse una coppia di fidanzati a giudicare da alcune frasi che ogni tanto giungevano alle mie orecchie. Probabilmente non si erano accorti di niente. Come tutti gli altri, d’altronde.  Decisi comunque di lasciarli stare, e visto che anche i posti dietro erano vuoti, mi alzai in piedi e con studiata lentezza esplorai l’interno della corriera come se stessi cercando un’altra sistemazione. La individuai in una poltrona vuota tre file più indietro. Su quella al lato del finestrino era seduta una bella ed elegante signora.  Mi sedetti al suo fianco, dopo averle chiesto e ottenuto il permesso, con nessuna remota intenzione aliena a quella prioritaria di ottenere il suo parere su quello che stava succedendo. Il risolino soffocato di due ragazzi che stavano studiando le mie mosse fin da quando mi ero alzato in piedi mi confermarono che le mie intenzioni erano state travisate.
Nel tentativo di assumere un contegno adeguato, aprii il libro che tenevo in mano, e fingendo di leggerne il contenuto lo usai come paravento per spiare le occupazioni della bella sconosciuta.  Quest’ultima, per suo conto, sembrava completamente assorta nella contemplazione del paesaggio che andava dispiegandosi al di fuori. Presi l’iniziativa.
“Strano, vero!?”
Un lungo respiro, come se avessi distolto la sua attenzione dalla visione di un grande ritratto, precedette la sua risposta.
“Potrei usare molti termini per definire l’infinita bellezza di quelle campagne, magari qualcosa che comincia per l, come leggiadro, ma strano lo trovo decisamente inadeguato.”
“No, io… in effetti mi riferivo al traffico nell’altro senso, oltre alle persone che sembra stiano scappando da qualcosa.”
“ Mah, a me non sembra. “
“ Guardi quegli uomini che escono correndo da bar. Sono esagitati, spaventati direi.”
“Non lo prenda come un fatto personale, ma qui l’unico esagitato mi sembra lei.”
Troncò in tale maniera la conversazione, riprendendo la lettura del libro che  aveva appoggiato aperto sopra un ripiano. Sì, pensavo, la follia si presenta così quando decide di venirti a trovare per coinvolgerti nelle sue assurde mire. Una goccia di consapevolezza in un mare d’incoscienza.
Una rapida scorsa agli altri passeggeri, ai loro comportamenti e reazioni, rese esplicito un concetto che avevo iniziato ad accettare, pur nella sua totale e assoluta stranezza. Solo io percepivo il pericolo imminente. Solo io sembravo preoccuparmi. Eppure qualcosa era successo.
 
 
 
 
 
 

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