Scritto da © nunzio campanelli - Mer, 31/10/2012 - 16:39
“Io vado via, Chiara. A tua madre diglielo tu, è meglio. Qui ho scritto il mio numero di telefono, chiamami se dovessi aver bisogno.”
Andò via dopo aver abbracciato la figlia, che era rimasta inerte ad ascoltare. Chiara prima guardò l’auto su cui era salito suo padre allontanarsi finché non sparì dalla sua vista, poi l’unico ricordo che quell’uomo le aveva lasciato.
Un numero di telefono scritto su un biglietto giallo.
“Chiara, sei tu?”
Appoggiò le chiavi sopra la solita mensola. Dalla cucina arrivava un frastuono insopportabile.
“Sì, mamma. Puoi abbassare il volume, per favore?”
Entrò in cucina dove la madre era impegnata nel guardare la Tv.
“Un momento solo, ti prego. Fammi ascoltare, è importante, hanno incriminato…”
Chiara, che aveva imparato a ignorare i vaneggiamenti della mamma, prese il telecomando e riportò la pressione sonora a un livello accettabile.
“Mi faccio una doccia.”
La madre ormai trascorreva il suo tempo davanti al televisore, a guardare i programmi che si occupavano degli omicidi famosi. Il suo preferito, che andava in onda proprio in quel momento, era specializzato nel far intervenire in studio i vari parenti e amici o anche semplici conoscenti delle vittime e dei presunti assassini. Aveva provato a convincere la mamma dallo smettere di guardare quegli spettacoli indegni, ma poi la lasciò fare. Si era resa conto che quella visione quotidiana in qualche maniera per lei costituiva uno scopo per continuare a vivere. Era come se la vita reale fosse quella trasmessa dal televisore.
Sotto il getto di acqua Chiara stava ripensando alla madre e alla sua mente malata, al padre che aveva preferito scappare senza più farsi vedere, quando rivide i propri gesti appena entrata in casa. La porta che si richiude, le chiavi appoggiate sopra la mensola… l’immagine seguente le provocò un sussulto. Lasciando una lunga scia d’acqua dietro di sé raggiunse la mensola. Di fianco alle chiavi, nel piatto di ceramica dove di solito era appoggiata la posta, c’era un biglietto di carta giallastra ripiegato in quattro. Quel biglietto. Lo aveva riposto in un cassetto della sua camera cinque anni prima, dimenticandolo subito dopo.
“ Mamma dove hai preso questo? “
La donna si voltò verso la figlia, che era corsa in cucina urlando agitando con la mano quel foglio.
“ Non andare in giro nuda. Ti fa male.”
“ Il biglietto, mamma, il biglietto!”
Senza rispondere la donna tornò a rivolgere l’attenzione verso il televisore, che continuava a trasmettere lo stesso programma.
Esasperata Chiara si avvicinò all’apparecchio per spegnerlo, ma un nome pronunciato dallo speaker la fermò.
Conosceva quel nome.
Era quello di un uomo che le aveva lasciato un biglietto con sopra scritto un numero telefonico cinque anni prima.
Era quello di suo padre.
La Tv diceva che era stato ritrovato morto seduto al volante di un’auto.
“ Mamma!!”
La donna prese il telecomando e attenuò il volume. Poi si voltò a guardare la figlia, lo sguardo sempre assente, la voce atona, debole.
“ Sì, Chiara? “
“ Mamma… ma quello è… è papà!?”
Per un attimo, solo per un attimo, una luce vivida rianimò quegli occhi, fino a farli brillare. Una luce che riempiva cinque anni di vuoto. Una luce alimentata dalla solitudine e dall’odio. Con voce decisa rispose alla figlia.
“ Sì, Chiara.”
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