Scritto da © abcorda - Ven, 28/01/2011 - 15:25
legato stretto agli stessi spazi cui appartieni
sono schiavo del raggio che accende i tuoi occhi
e va a morire nell'incavo
nella mia spalla d'orgoglio ammuffito.
Gretto, germoglia sul dorso, come muschio o sugherone.
E la mia notte è più lunga.
Si spegne del giorno del tuo viso
tra i ricci contorti e le parole d'ombra.
Sono anime senza suono,
senza il rumore di una carezza
ispida di eccitazione.
Le mie notti sono ali implumi
leggere di te senza poter volare.
Sono mani crepate dalla calce della gelosia
dal rimbalzo a ritmo
dei tuoi seni a campana.
E il tuo cane non ringhia più.
Ora lecca caviglie bagnate d'apparenza,
piscia a zampillo,
gli spigoli affilati
del mio umore di pietra.
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