Scritto da © Nievdinessuno - Mer, 13/07/2016 - 23:35
Ho dimenticato il vezzo
dondolio di una panchina vuota
che costeggiava la pelle
con rami fiacchi e scuri,
il tardo suono
schizzo fra le rotaie
come rasoio svenato
nutriva le altre ombre
con maree d’acciaio,
appena lo sguardo
rabboccava i fiori
nati spontanei
da colori di menzogna,
catturai idiomi
barattando tutta la voce
con un morso tra le labbra,
e le spighe trafitte
d’estate
bruciavano in grembo.
Così di vagone in vagone
pendolari osservavano
un perno come finestra
cedere rughe ai volti,
tra tanti le ruggini
contratte polveri
coprivano abiti al vento.
dondolio di una panchina vuota
che costeggiava la pelle
con rami fiacchi e scuri,
il tardo suono
schizzo fra le rotaie
come rasoio svenato
nutriva le altre ombre
con maree d’acciaio,
appena lo sguardo
rabboccava i fiori
nati spontanei
da colori di menzogna,
catturai idiomi
barattando tutta la voce
con un morso tra le labbra,
e le spighe trafitte
d’estate
bruciavano in grembo.
Così di vagone in vagone
pendolari osservavano
un perno come finestra
cedere rughe ai volti,
tra tanti le ruggini
contratte polveri
coprivano abiti al vento.
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