Scritto da © Mariagrazia Dessi - Mer, 12/08/2015 - 12:55
Il pane per il caffelatte non l’aveva mai tagliato così piccolo. Si vede che non riusciva a mandarlo giù, anche perché aveva capito che lo stava guardando la figlia e il genero e loro tra di loro, quasi per decidere chi dovesse parlare per primo. Finché:
«Allora, babbo, cosa hai deciso?»
«Io resto qui».
«Ma babbo, starai bene, c’è tutta gente della tua età, potrai parlare e anche giocare a carte, come nel bar di Olga».
«Non è la stessa cosa».
E quel pidocchio risuscitato del genero, che già sapeva cosa il suocero avrebbe risposto:
«Allora venga con noi a Torre Delle Stelle».
«A me il mare non mi è mai piaciuto».
«Aiò, cerchi di essere ragionevole: è solo per un mese!»
«Io non vado da nessuna parte, neanche se ti crepi!»
E così, tutto inquieto, è uscito verso il bar di Olga, parlando tra sé:
«Se mi portano lì, qui non mi riportano più».
Se ero presente?
No, non c’ero. Immagino che sia andata così, per quello che ho sentito dire, in lacrime, dalla stessa figlia. Che faccia di … E’ meglio che stia zitto. Dove ero arrivato? Ah, al bar di Olga. Sì, quello che si trova nella strada che porta in montagna e si affaccia quasi dappertutto: all’edicola di Ignazino, alle scuole, alla banca, alla posta, al comune e soprattutto alla passeggiata. Per questo motivo, quelli che lo frequentano sono i primi a sapere se è caduto il governo, se ci sono più maschi o femmine, se stanno dando le pensioni, chi è nato, chi è morto e chi ha iniziato ad amoreggiare. Lei, Olga, è una donna che, a dire il vero, non saprei quanti anni darle. A volte, sembra sgarbata, ma è il suo modo di fare. Dà un’aria a quella che esce sempre in televisione, guarda che prima era simpatica, ma adesso, a forza di vederla, sta prendendo all’anima. Sì, sì, proprio quella. A chi le domanda perché non si è sposata, lei risponde:
«Ma come facevo a sposarmi, se qui dentro sono entrati sempre solo vecchi?»
E’ la verità: i giovani non sono mai entrati. A qualcuno l’ho sentito dire:
«C’è troppo odore di sigaro mischiato a puzza di piedi e mi viene da vomitare».
Non è bugia e il perché lo trovi in ciò che ho sentito dire a signor Antonio e a signor Efisio.
Signor Antonio a Olga, che gli aveva detto di non fumare il sigaro con il fuoco dentro la bocca, perché gli sarebbe venuto il cancro:
«Se il fuoco non ce lo mettiamo dentro con il sigaro, con le donne non è più possibile».
E signor Efisio sulla porta, guardando il cielo che da mesi non pioveva:
«A qualcuno gli passerà di farsi il bagno anche due volte al giorno. Io me lo faccio ogni quindici, quando sto bene, altrimenti anche una volta al mese e già basta».
Non voglio mettere la mano nel fuoco, ma mi sembra che gli unici giovani che entrano nel bar di Olga sono:
il becchino ed io. Il becchino, forse, per orientarsi ed io, invece, perché il caffè buono come quello di Olga non lo fa nessuno e anche perché mi diverto troppo, per quello che lì dentro sento dire e vedo fare.
L’altro giorno signor Pietro stava leggendo il giornale e signor Angelo gli ha chiesto:
«Che novità ci sono?»
«Malas, malas, ant aumentau is tassas*».
«Ma cosa vuoi che me ne importi, tanto io bevo direttamente dalla bottiglia! Sì, al bacio!»
E quando bisticciano giocando a carte?
«Io a te per compagno no ti voglio più».
«E perché?»
«Perché giochi come il padrone di quella tanca*».
«Quale tanca?»
«Sa tanca ‘e sa catta bascia, quella che si vede scendendo a Cagliari. Si chiama così, perché il padrone era come te e l’aveva persa giocando a carte».
«Davvero? Se è per quello tu hai tutti i pantaloni rattoppati».
E nel tempo delle votazioni? Quando a Francesco, lo spazzino, lo avevano mandato al bar a distribuire santini? Di quale partito si può capire, perché signor Paolo, che è pensionato di guerra, così l’aveva attaccato:
«Ma che cosa vuoi? Eppure lo dovresti sapere: immondezza era allora; immondezza è adesso; immondezza sarà sempre. A meno che tu non sia uno stacanovista?»
Francesco forse aveva capito “staccati dalla vista” ed era uscito senza vedere neanche la porta e tutti, dopo, avevano incominciato a raccontare i tempi della guerra.
Signor Peppino, le cui bugie buttano giù un uomo dal cavallo, fece ridere tutti:
«Allora c’era la fame che si tagliava a fette. Un giorno, il banditore, buonanima, aveva preso un passero e l’aveva mangiato anche con le piume. Come se lo stava mettendo in bocca, l’uccello, poverino, ha cominciato a fare: “Ziu, ziu, ziu!!!!” e lui “Non cercare né zii né parenti. Fila dritto in mezzo ai denti!”».
Ma la cosa più divertente era successa il giorno che il becchino entrò al bar, neanche a farlo apposta, insieme al prete, domandando scherzoso:
«E allora, oggi a chi tocca?»
«Tie’, tiè!!!»
E si può capire cosa si toccavano. Dovevi vedere la confusione: chi sotto il tavolo, chi dietro la porta e qualcuno anche in gabinetto. E Olga a urla:
«Ma siete tutti impazziti?»
Non c’è che dire: sono tutti ragazzini ed è per questo che signor Luigi, quello che ho lasciato in strada, sì, quello del caffelatte, non se ne vuole andare. Lui, a quelli del bar di Olga, li ha conosciuti ragazzini e sempre così li vede, anche se sembrano di sughero, e lui per gli altri è la stessa cosa. Se va all’ospizio, conoscerà la gente già vecchia e lui per gli altri sarà la stessa cosa.
Se signor Luigi arriva al bar di Olga?
Già arriva. Olga - così mi ha detto lei - vedendolo a quell’ora, affacciata a un mucchio di cassette di vino, gli ha detto:
«Già è mattutino oggi! Non mi dica che ha già voglia di un cicchetto!?»
«Non voglio niente, per adesso».
«Meglio così».
E ha continuato a mettere a posto le bottiglie. Lui, triste come la notte, è andato a sedersi in fondo, al tavolo delle carte. Dopo mezz’ora:
«Signor Luigi, cosa le verso?»
E vedendo che non rispondeva:
«Cosa è diventato sordo?»
Allora, si è sporta dal bancone e vedendolo con la testa appoggiata sul tavolo:
«Santa Barbara mia! Ma si sente male?»
E corre…
Oiò! Signor Luigi sul tavolo ha lasciato tre carte scoperte: tre di bastoni, asso di spade e quattro di spade. Un napoletano, che aveva fatto il soldato con me, mi aveva detto che sono le carte peggiori e, cazzo, aveva ragione.
Adesso mi si è asciugata la bocca. Aiò, sali in ape che ci avviciniamo da Olga a bere. Già ne hai di fretta, per una volta che torni in paese. Aiò, offro io. Oggi ho compiuto ottant’anni e mi tocca. Aiò.
*tassas: tasse, ma anche tazze.
*tanca: podere destinato al pascolo delle pecore
«Allora, babbo, cosa hai deciso?»
«Io resto qui».
«Ma babbo, starai bene, c’è tutta gente della tua età, potrai parlare e anche giocare a carte, come nel bar di Olga».
«Non è la stessa cosa».
E quel pidocchio risuscitato del genero, che già sapeva cosa il suocero avrebbe risposto:
«Allora venga con noi a Torre Delle Stelle».
«A me il mare non mi è mai piaciuto».
«Aiò, cerchi di essere ragionevole: è solo per un mese!»
«Io non vado da nessuna parte, neanche se ti crepi!»
E così, tutto inquieto, è uscito verso il bar di Olga, parlando tra sé:
«Se mi portano lì, qui non mi riportano più».
Se ero presente?
No, non c’ero. Immagino che sia andata così, per quello che ho sentito dire, in lacrime, dalla stessa figlia. Che faccia di … E’ meglio che stia zitto. Dove ero arrivato? Ah, al bar di Olga. Sì, quello che si trova nella strada che porta in montagna e si affaccia quasi dappertutto: all’edicola di Ignazino, alle scuole, alla banca, alla posta, al comune e soprattutto alla passeggiata. Per questo motivo, quelli che lo frequentano sono i primi a sapere se è caduto il governo, se ci sono più maschi o femmine, se stanno dando le pensioni, chi è nato, chi è morto e chi ha iniziato ad amoreggiare. Lei, Olga, è una donna che, a dire il vero, non saprei quanti anni darle. A volte, sembra sgarbata, ma è il suo modo di fare. Dà un’aria a quella che esce sempre in televisione, guarda che prima era simpatica, ma adesso, a forza di vederla, sta prendendo all’anima. Sì, sì, proprio quella. A chi le domanda perché non si è sposata, lei risponde:
«Ma come facevo a sposarmi, se qui dentro sono entrati sempre solo vecchi?»
E’ la verità: i giovani non sono mai entrati. A qualcuno l’ho sentito dire:
«C’è troppo odore di sigaro mischiato a puzza di piedi e mi viene da vomitare».
Non è bugia e il perché lo trovi in ciò che ho sentito dire a signor Antonio e a signor Efisio.
Signor Antonio a Olga, che gli aveva detto di non fumare il sigaro con il fuoco dentro la bocca, perché gli sarebbe venuto il cancro:
«Se il fuoco non ce lo mettiamo dentro con il sigaro, con le donne non è più possibile».
E signor Efisio sulla porta, guardando il cielo che da mesi non pioveva:
«A qualcuno gli passerà di farsi il bagno anche due volte al giorno. Io me lo faccio ogni quindici, quando sto bene, altrimenti anche una volta al mese e già basta».
Non voglio mettere la mano nel fuoco, ma mi sembra che gli unici giovani che entrano nel bar di Olga sono:
il becchino ed io. Il becchino, forse, per orientarsi ed io, invece, perché il caffè buono come quello di Olga non lo fa nessuno e anche perché mi diverto troppo, per quello che lì dentro sento dire e vedo fare.
L’altro giorno signor Pietro stava leggendo il giornale e signor Angelo gli ha chiesto:
«Che novità ci sono?»
«Malas, malas, ant aumentau is tassas*».
«Ma cosa vuoi che me ne importi, tanto io bevo direttamente dalla bottiglia! Sì, al bacio!»
E quando bisticciano giocando a carte?
«Io a te per compagno no ti voglio più».
«E perché?»
«Perché giochi come il padrone di quella tanca*».
«Quale tanca?»
«Sa tanca ‘e sa catta bascia, quella che si vede scendendo a Cagliari. Si chiama così, perché il padrone era come te e l’aveva persa giocando a carte».
«Davvero? Se è per quello tu hai tutti i pantaloni rattoppati».
E nel tempo delle votazioni? Quando a Francesco, lo spazzino, lo avevano mandato al bar a distribuire santini? Di quale partito si può capire, perché signor Paolo, che è pensionato di guerra, così l’aveva attaccato:
«Ma che cosa vuoi? Eppure lo dovresti sapere: immondezza era allora; immondezza è adesso; immondezza sarà sempre. A meno che tu non sia uno stacanovista?»
Francesco forse aveva capito “staccati dalla vista” ed era uscito senza vedere neanche la porta e tutti, dopo, avevano incominciato a raccontare i tempi della guerra.
Signor Peppino, le cui bugie buttano giù un uomo dal cavallo, fece ridere tutti:
«Allora c’era la fame che si tagliava a fette. Un giorno, il banditore, buonanima, aveva preso un passero e l’aveva mangiato anche con le piume. Come se lo stava mettendo in bocca, l’uccello, poverino, ha cominciato a fare: “Ziu, ziu, ziu!!!!” e lui “Non cercare né zii né parenti. Fila dritto in mezzo ai denti!”».
Ma la cosa più divertente era successa il giorno che il becchino entrò al bar, neanche a farlo apposta, insieme al prete, domandando scherzoso:
«E allora, oggi a chi tocca?»
«Tie’, tiè!!!»
E si può capire cosa si toccavano. Dovevi vedere la confusione: chi sotto il tavolo, chi dietro la porta e qualcuno anche in gabinetto. E Olga a urla:
«Ma siete tutti impazziti?»
Non c’è che dire: sono tutti ragazzini ed è per questo che signor Luigi, quello che ho lasciato in strada, sì, quello del caffelatte, non se ne vuole andare. Lui, a quelli del bar di Olga, li ha conosciuti ragazzini e sempre così li vede, anche se sembrano di sughero, e lui per gli altri è la stessa cosa. Se va all’ospizio, conoscerà la gente già vecchia e lui per gli altri sarà la stessa cosa.
Se signor Luigi arriva al bar di Olga?
Già arriva. Olga - così mi ha detto lei - vedendolo a quell’ora, affacciata a un mucchio di cassette di vino, gli ha detto:
«Già è mattutino oggi! Non mi dica che ha già voglia di un cicchetto!?»
«Non voglio niente, per adesso».
«Meglio così».
E ha continuato a mettere a posto le bottiglie. Lui, triste come la notte, è andato a sedersi in fondo, al tavolo delle carte. Dopo mezz’ora:
«Signor Luigi, cosa le verso?»
E vedendo che non rispondeva:
«Cosa è diventato sordo?»
Allora, si è sporta dal bancone e vedendolo con la testa appoggiata sul tavolo:
«Santa Barbara mia! Ma si sente male?»
E corre…
Oiò! Signor Luigi sul tavolo ha lasciato tre carte scoperte: tre di bastoni, asso di spade e quattro di spade. Un napoletano, che aveva fatto il soldato con me, mi aveva detto che sono le carte peggiori e, cazzo, aveva ragione.
Adesso mi si è asciugata la bocca. Aiò, sali in ape che ci avviciniamo da Olga a bere. Già ne hai di fretta, per una volta che torni in paese. Aiò, offro io. Oggi ho compiuto ottant’anni e mi tocca. Aiò.
*tassas: tasse, ma anche tazze.
*tanca: podere destinato al pascolo delle pecore
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