Scritto da © Mariagrazia Dessi - Sab, 18/07/2015 - 13:28
Nell’orto di Gigetto tutti gli ortaggi crescevano felici:
il pomodoro per il rosso;
la cipolla, perché ci si veste a cipolla;
il prezzemolo, perché è sempre in mezzo;
il cavolo per i bambini che vi nascevano sotto e così via.
L’unico a non esserlo era l’aglio, perché, come apriva bocca, tutti facevano commenti terribili:
la farfalla: “Se sto vicino a questo, anziché vivere solo un giorno, vivo sono un’ora”;
l’ape: “ Via! Va bene il miele amaro, ma puzzolente giammai” ;
la gallina ruspante anziché fare “cococodè”, faceva “checheched’è?” e così via.
Finché un bel giorno - l’inverno alle porte- nell’orto arrivò una tartaruga. Stranamente, si fermò proprio vicino all’aglio e vedendo che intorno non c’era nessuno, disse:
“Quequesto poposticino mi sesembra tratranquillo” e si mise a scavare un bel buco.
L’aglio cominciò a piangere disperato.
La tartaruga allora si fermò e gli domandò: “Peperché pipiangi?”
“Perché tu siccome io sono puzzolente, mi vuoi sradicare”, rispose l’aglio.
“Ma cocosa didici? Io sto scascavando, per anandarmene in leletargo. Sosono una titipa papacifica e mi prepresento: mi chichiamo Tatartaruga, nonota Tatartaglia. E tu?”, domandò la tartaruga.
“Io sono Aglio.”
“Ma che onore popoter coconoscere il priprincipe della cucucina. Gragrazie a te sasapessi quaquanto è bubuono il pepesto, le popolpette, le brubruschette e non didico altro, peperché quaquando vavado in leletargo, non dedevo pepensare al cicibo”.
“Finalmente qualcuno mi dice qualcosa per rendermi felice. Ti voglio per amico”, disse per la prima volta sorridente l’aglio.
“Di niniente e adesso me ne vavado sosotto teterra, peperché cocomincio ad avere frefreddo. E sisiccome gli amici quaquando popossono stastanno sesempre vivicini, vivicini mi memetterò sosotto le tue raradici. Ciciao! Ci ririvediamo in priprimavera”.
Bambini, voi non ci crederete, ma questa storia è vera; infatti nell’aglio, tolti gli spicchi, vicino alle radici, si vede ancora l’impronta della tartaruga.
il pomodoro per il rosso;
la cipolla, perché ci si veste a cipolla;
il prezzemolo, perché è sempre in mezzo;
il cavolo per i bambini che vi nascevano sotto e così via.
L’unico a non esserlo era l’aglio, perché, come apriva bocca, tutti facevano commenti terribili:
la farfalla: “Se sto vicino a questo, anziché vivere solo un giorno, vivo sono un’ora”;
l’ape: “ Via! Va bene il miele amaro, ma puzzolente giammai” ;
la gallina ruspante anziché fare “cococodè”, faceva “checheched’è?” e così via.
Finché un bel giorno - l’inverno alle porte- nell’orto arrivò una tartaruga. Stranamente, si fermò proprio vicino all’aglio e vedendo che intorno non c’era nessuno, disse:
“Quequesto poposticino mi sesembra tratranquillo” e si mise a scavare un bel buco.
L’aglio cominciò a piangere disperato.
La tartaruga allora si fermò e gli domandò: “Peperché pipiangi?”
“Perché tu siccome io sono puzzolente, mi vuoi sradicare”, rispose l’aglio.
“Ma cocosa didici? Io sto scascavando, per anandarmene in leletargo. Sosono una titipa papacifica e mi prepresento: mi chichiamo Tatartaruga, nonota Tatartaglia. E tu?”, domandò la tartaruga.
“Io sono Aglio.”
“Ma che onore popoter coconoscere il priprincipe della cucucina. Gragrazie a te sasapessi quaquanto è bubuono il pepesto, le popolpette, le brubruschette e non didico altro, peperché quaquando vavado in leletargo, non dedevo pepensare al cicibo”.
“Finalmente qualcuno mi dice qualcosa per rendermi felice. Ti voglio per amico”, disse per la prima volta sorridente l’aglio.
“Di niniente e adesso me ne vavado sosotto teterra, peperché cocomincio ad avere frefreddo. E sisiccome gli amici quaquando popossono stastanno sesempre vivicini, vivicini mi memetterò sosotto le tue raradici. Ciciao! Ci ririvediamo in priprimavera”.
Bambini, voi non ci crederete, ma questa storia è vera; infatti nell’aglio, tolti gli spicchi, vicino alle radici, si vede ancora l’impronta della tartaruga.
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