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Il volo di Silvy Anelli Unitre Rivoli

Guardo gli uccelli volare liberi e…
 
 
Elisa si affacciò alla finestra. Nella cucina  vi era ancora odore di sugo e, nonostante fosse un profumo a lei molto gradito, decise che doveva aprire e far entrare aria fresca prima che i suoi genitori arrivassero. Sua madre era sempre molto critica nei suoi confronti ed Elisa non voleva fare discussioni. Sapeva che comunque ce ne sarebbero state. Per settimane aveva rimandato l’incontro sperando di trovare una soluzione che purtroppo non esisteva.
A dire la verità la soluzione era in lei: ella l’aveva trovata dentro di sé un mese prima. Il problema consisteva nel far sapere ai suoi che Marco se ne era andato, o meglio che ella lo aveva mandato via.
 Non avevano mai condiviso la scelta di Elisa poiché per loro Marco non era adatto a lei. Certo i genitori sono sempre molto esigenti per ciò che riguarda i figli ed in particolare quando sono figli unici: se poi sono figlie femmine, i padri raramente condividono le loro scelte in tema di mariti.
Mandare via Marco era costato molto ad Elisa. Per stare con lui aveva dovuto combattere, opporsi in mille maniere alla sua famiglia per fare in modo che condividessero la sua scelta e, dopo tanto tempo finalmente, lo avevano accettato. Ora però era lei a non voler più vivere con lui.
L’aria era fresca, segno dell’autunno in arrivo ed un leggero brivido le attraversò la schiena. Alzò gli occhi al cielo e nell’azzurro dell’imbrunire il suo sguardo fu attratto dalle rondini che roteavano sulla sua testa. Giravano tra i tetti, lanciandosi poi in spericolate picchiate verso la parte più bassa del cortile e all’ improvviso risalivano verso l’alto volteggiando leggere,  pronte a ricominciare in un continuo allegro  movimento.
Solo pochi mesi prima avevano annunciato la primavera,  messaggere dell’eterno ritorno, dello scorrere delle stagioni e del passare del tempo. Solo pochi mesi prima ella pensava ancora che Marco fosse l’uomo della sua vita e che con lui avrebbe potuto affrontare qualsiasi problema. Non era più così ed anche le rondini, simbolo di rinascita, tra non molto sarebbero partite. Le avrebbe viste solamente per poco tempo poiché il freddo in arrivo le avrebbe spinte a migrare  verso paesi più caldi.
Guardò gli uccelli volare liberi e sentì la rabbia di non esserlo, di non poterle seguire.  Sentì la rabbia di essere legata da vincoli che non voleva più, il peso di tutti i condizionamenti che la società ci impone ed a cui spesso ci adattiamo senza nemmeno rendercene conto.
 
 
Sentì forte il desiderio di essere una di loro per poter seguire solo l’istinto, seguire la natura che le spinge lontano e sentirsi così libera e leggera. Anch’ella sarebbe partita se avesse potuto. Le venne in mente che per gli indigeni del Mali le rondini sono il simbolo della purezza perché non si posano mai in terra. Per le popolazioni di quelle zone la terra è originariamente macchiata e quindi infetta. 
Elisa si ritrovò a pensare che forse non è la terra ad essere infetta ma sono gli esseri umani. Per nostra natura imperfetti, siamo costretti al contatto con ciò che è impuro. Noi stessi lo siamo: legati al suolo, posati per terra,  sogniamo il cielo e la possibilità di raggiungerlo. Abbiamo eretto cattedrali che svettano verso l’alto, grattacieli sempre più alti per sentirci staccati dal suolo, da ciò che è concreto.
 Abbiamo costruito aerei  e girato il mondo, navicelle spaziali  che ci hanno portato fuori
Eccole, volavano alte. Sapevano dove andare. Solo seguendo l’istinto avevano chiara la meta. dell’atmosfera, guardato il mondo dall’alto, dallo spazio, cercando di staccarci da tutto.
 Ella al contrario era sempre dubbiosa sulle scelte da affrontare; sovente impaurita per la destinazione da intraprendere, conscia, che le scelte segnano la vita a volte in modo irreparabile.
 Guardò nuovamente le rondini volare in alto e, pur invidiandole per la loro grazia e leggerezza, pensò che per lei era venuto il momento di tenere i piedi ben saldi sulla terra. Volare via, lontano non le sarebbe servito a risolvere problemi che dovevano essere affrontati. Solo facendolo, forse avrebbe trovato una soluzione.
In fin dei conti anche le rondini sarebbero tornate l’anno successivo.
Sentì il campanello suonare e richiuse la finestra. Si asciugò le lacrime ed andò ad aprire. 
 
                                                                       Silvy  Anelli
 
 
 
 
 
 
 
 

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