Scritto da © Marco valdo - Sab, 20/05/2017 - 13:00
“dipende”
“da cosa?”
“dalla sussistenza”
“vettovagliamento”
“sì”
“termini militari”
“no, principi”
“reali”
“regali”
“dammeli”
“prendili”
“dove?”
“me li tengo”
un sentiero tracciato dal basso, su un crinale boscoso, l'idea perniciosa di strada, dedotta da similitudini di varchi, il passo non comprende la via.
Il diverbio con la natura nasce spontaneo, essere, possedere, potere.
“non posso essere altro che quello che posseggo”
“sei solo te stesso”
“no, meno”
“cosa ti manca?”
“niente”
“c'è sempre qualcosa”
“sì”
il crinale è, esiste, ha strade, dirupi, fiumi, orridi, non è fatto per la teoria, esiste per essere, non gli importa altro.
“Cosa fai?”
“vago”
“non riesco a essere più precisa”
“si vede che io non c'entro”
“o io ho sbagliato mira”
“ti capirei se avessi spazio”
Capisce che dove è il momento è l'inizio della strada, la natura solo questo concede, insieme all'esperienza, che è una vaga compagnia dubbiosa, a volte smemorata, altre dispettosa, la strada giusta è il ricordo di qualcosa d'altro, tolto dagli errori, che sarà comunque uno sbaglio.
“dove sei?”
“vedo la meta”
“quindi?”
“ho sbagliato strada”
“torna indietro”
“oppure vado altrove”
“sì”
così adesso la natura sì apre, per andare altrove ci sono molte strade, solo una è quella sbagliata, che ci porta dove volevamo arrivare.
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