La fuga impossibile. | Post comici, demenziali, ludicomaniacali | Marco valdo | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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La fuga impossibile.

Il solido, solitamente circolare, dove si è sempre allo stesso punto, continuando a consumare passi, il solido è una prigione, si può abbattere, girarci attorno, scavalcare, ma finché resta solido e un impedimento, a volte utile, impedisce al freddo o al caldo di entrare, ripara dalle intemperie, ma questo è il principio, quell'aspetto grossolano che deve avere a che fare con il bisogno, il fine del solido, che corrisponde al suo spessore massimo è la prigione, il limite.
Voleva vedere la pietra, voleva sentire lo sgarbo degli spigoli male arrotondati, aveva lasciato fra l'intonaco liscio e stuccato dei vuoti da dove spuntava fuori la pietra, sempre nei pressi dove stazionava, li accarezzava con le mani, mentre stringeva le cosce con tutte le forze che aveva, le strusciava fino alle stimmate di una santità dolente e votata al martirio.
La pietra è il solido, il suo corpo e la pietra che si consumano in continuo, la sua pelle si rinnova, sempre più spessa, la pietra si consuma, un idea di evasione certosina, che ha bisogno dell'idea di eternità. Nel suo angolo preferito consumava, tempo e ragione, sogni e desideri, il duro della pietra, il silenzioso rumore delle sue dita che fregavano era una bolgia quando arrivava a i primi nervi.
Non era suo diritto sperare, lo faceva perché non si può fare diversamente, una speranza disastrosa, che moriva di stenti, una ragnatela di possibili intrecci che non legava niente, appena stesa si ritrasformava in sottile filo illogico, debole, deperibile agli elementi, l'ossessione era l'unica certezza di riuscita, un lavorio continuo del corpo, il pensiero fermo all'atto, solo la notte...
frrr, frrr, frrr, le dita che scorrono sulla pietra, le impronte ormai da molto tempo hanno perso l'identità, l'ombra diventa carne, le cosce si stringono più forte, come un ultimo baluardo prima della resa, una forza impalpabile le spalanca, è arrivato il padrone, adesso il silenzio è una regola per guadagnare un angolo d'inferno, qualcosa la riempie, qualcosa passa dentro il suo corpo, tutto diventa forte, l'odore, il gusto, l'udito, Penelope sconcia, la tela è di nuovo un filo sottile.
L'idea continua della morte è già morte, il padrone prende il caldo del suo corpo, si alimenta e la consuma, pulzella di paeselli francesi, che non sa perché si sta consumando, per chi.
Il mattino dopo la ritrova esausta, con tutto il tempo da riempire con la fretta dell'ossessione, la fame e il corpo, la morte da ingannare.

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