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Mancanza

Michela sentiva di non aver ancora del tutto compreso cosa le stava accadendo nelle giornate che si susseguivano da quando aveva scoperto di non poter più condividere la vita con lui.
Una serata come tutte le altre, eppure già al momento del rientro aveva percepito che c’era qualcosa di diverso in lui, non l’aveva baciata e questo era un altro segno negativo dopo ore già disastrose a causa d’incomprensioni lavorative. Però aveva deciso di non darne peso, convincendo se stessa che poteva capitare a chiunque di non aver la forza di esprimere amore e gioia ogni giorno.
Le ore successive erano passate senza che parole alleggiassero in casa, silenzi carichi di aspettative e dubbi sempre più insistenti nel suo animo. Finché lui non aveva deciso di affrontarla confermandole di aver bisogno di tempo e di pace per capire se avevano fatto la scelta giusta.
Nonostante queste parole, chiare e secche, Michela non aveva subito percepito lo scopo della conversazione che stavano avendo. Il cervello non voleva accettare quello che le orecchie sentivano. Non poteva essere, erano anni che lottavano assieme per costruire il loro futuro ed ora lui la respingeva, non più certo dei sentimenti che li avevano spinti in quel paese.
Si era sentita morire, eppure non aveva permesso al suo cuore di crollare. Aveva accettato quanto lui le stava dicendo cercando di fargli capire che comprendeva e che non l’avrebbe ostacolato nella scelta di andarsene. L’unica nota era stata quella di permetterle di continuare come se lui fosse stato ancora il suo compagno di lavoro, in modo da poter evitare imbarazzanti questioni con chi li circondava. Almeno fin tanto che lui avesse compreso cosa sentiva veramente per lei.
 
Iniziare una nuova vita in quella città era stata più una sua idea che una necessità di coppia, era vero. Però l’avevano affrontata assieme e sembrava che le cose avessero veramente deciso di volgere al meglio, in ogni senso. Ma spesso quello che sembra, non lo è veramente.
Ora lui era lontano, troppo lontano e lei era sola, tremendamente sola con le sue giornate vuote.
Ore che passavano senza movimenti e senza emozioni in quella città che tanto aveva voluto vivere ma che ora trovava soffocante e malvagia perché gliel’aveva portato via.
 
Eppure, ne era certa, nel profondo amava ancora il luogo in cui avevano voluto rifugiarsi per poter stare assieme. Le piaceva svegliarsi la mattina sentendo il dinamismo che animava tutti, i rumori degli autobus che si facevano strada nelle vie sempre affollate, le persone che sorridevano al nuovo giorno sentendo il sole che scaldava i visi mentre correvano verso gli uffici o i molti cantieri aperti. Una città con un’anima,  Barcellona lo era sempre stata.
 
Quella mattina era una mattina come tutte le altre, doveva esserlo per non permettere al panico ed all’ansia di prenderla come accadeva di notte. Tutte le notti.
A questo pensava mentre percorreva la scale del palazzo in cui abitava nel quartiere Gotico, a pochi passi dalle Ramblas. Colazione al bar con il sapore del caffè nero che le ricordava ancora il piacere di una cultura italiana, ove era cresciuta assaporandone l’aroma fin da bambina. Una forma di dipendenza verso il mondo precedente che non l’aveva mai abbandonata, nonostante avesse deciso di cambiare vita molti anni prima.
Vedere gli artisti di strada prendere posto, per iniziare la ricerca di attenzione dei passanti, la fece sorridere. Sarebbe stato bello fermarsi per assistere a qualche esibizione dei giocolieri, oppure ascoltare il ragazzo che già sedeva a terra con la sua chitarra.
Non poteva, proprio non sentiva la forza di rimanere ferma. Aveva bisogno di camminare perché i pensieri smettessero di tormentarla, lui era costantemente in lei ma questo le stava creando enormi difficoltà ed ansie.
Camminare era l’unica soluzione. Attraverso le vie verso i mercati, aveva bisogno di vedere e sentire gente attorno. Il movimento, i suoni, gli odori, tutto l’avrebbe aiutata a dimenticare il dolore che provava. La Boqueria era il posto ideale con le sue venditrici di pesce e carne abbigliate nei grembiuli ornati di merletti; le bancarelle invitanti disposte quasi a regola d’arte nell’armonia dei colori e delle sfumature. Si svolgeva tutto all’interno di una struttura in ferro ma ogni cosa gridava libertà e forza, proprio quello di cui aveva bisogno.
Eppure, nonostante tutto, il suo pensiero continuava a bussare nel cuore sempre più prepotentemente. Ormai ogni speranza di poter attutire il dolore era scomparsa, era meglio accettare di dover vivere sola tutti gli attimi che si sarebbero susseguiti in ogni caso.
 
Evitare i quartieri più romantici le permetteva di non impazzire e fin a quel giorno, sembrava funzionare. Ma era complicato; ogni palazzo, ogni struttura, ogni parco aveva un ricordo che le bloccava il respiro e che le solleticava un pensiero troppo prezioso per poterlo far scappare:
era difficile crederlo ma, forse, un giorno lui sarebbe tornato.
 
 
 

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