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del brusio dei giardini

 
 
Mi sveglio il mattino col sole che taglia obliquo questa parte di giardino.
Anch’io ne ho uno; ha un cancello di bronzo, ricoperto dall’edera. quasi non lo vedi se non ci fai caso.  C’è un respiro ogni alba, un respiro che attraversa l’erba e le foglie, c’è qualcosa che non va via e rimane sotto la zolla di terra a fertilizzare le radici di ciò che appare in superficie. E’ un brusio indistinto, vita ripiegata che timida si offre, ha sofferto il freddo e la neve, in uno sbocciare di fiori nascosti, ma resiste, fiori votati al sacro dei colori, alla fragile dolcezza del vento, alla luce pallida di quest’inverno che nel rigore ha portato via il suo sguardo.
Questi fiori stanno qui, in questo giardino da sempre. Si rinnovano e si rigenerano, aspettano il tiepido tepore del mezzogiorno e la carezza della luna calante.
Sanno vivere di poco, fra luce ed ombra piegati dal forte vento di tramontana o dalla neve, ma alcuni sono già morti troppo gravidi di pioggia, altri rinasceranno in quel fremito fortuito in cui il sole bacerà la terra in questo seminascosto spiraglio di verde.
La notte è giunta ed ora abbassa le ciglia alle corolle.
Una stanchezza di luce s'appiccica agli occhi, che da troppo, debolmente osano guardare lontano. 
 
 

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