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Angelus di Klee

 
Quest’ora a raccolta di un dio distratto, di voci che gridano Il dolore, non sembra mai finire e tu stai lì nel buio di questi tempi a scrivere poesia persino su un post-it e ti nascondi per pudore.
 
Credi che esista un posto dove poter essere figli della stessa Parola? Credi che si possa ricomporre l’infranto, togliere i chiodi alle ali dell’angelo di Klee?
 
Bella domanda. E non so risponderti.  Troppo pessimista sull’individuo sono io, direi di no. Che Klee pensò quell’angelo  guardandoci negli occhi, quegli occhi che ci fanno commettere azioni. L’angelo della Storia per me rimarrà impigliato fra passato e futuro ancora per molto tempo. Quei chiodi hanno un senso, e forse, nel frattempo, ci estingueremo.
 
O forse nascerà un “nuovo Uomo”.  Chissà se l’era dell’acquario …
 
Non so, la filosofia è troppo scientifica per nutrire speranze senza equazioni risolvibili al momento.
 
Se il fumo oscura la bellezza tu la scavi parola per parola contraddicendo questo dio moderno che ci sputa addosso e irride i nostri sforzi,  che s’arrotola nel fango per reprimerci,per razziarci e poi ...distruggerci.
Ma come pietra ardente, come anima che non vuol perire, come fiume di vita che s’ingrossa d’acqua  o come fuoco per s’alza al vento, noi staremo qui, dentro gli occhi di quest’angelo impotente. Cercheremo, anche coi nostri errori, di salvarci.  
Almeno un poco.
 
 
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“C'è un quadro di Klee che s'intitola 'Angelus Novus'. Vi si trova un angelo che sembra in atto di allontanarsi da qualcosa su cui fissa lo sguardo. Ha gli occhi spalancati, al bocca aperta, le ali distese. L'angelo della storia deve avere questo aspetto. Ha il viso rivolto al passato. Dove ci appare una catena di eventi, egli vede una sola catastrofe, che accumula senza tregua rovine su rovine e le rovescia ai suoi piedi. Egli vorrebbe ben trattenersi, destare i morti e ricomporre l'infranto. Ma una tempesta spira dal paradiso, che si è impigliata nelle sue ali, ed è così forte che egli non può più chiuderle. Questa tempesta lo spinge irresistibilmente nel futuro, a cui volge le spalle, mentre il cumulo delle rovine sale davanti a lui al cielo. Ciò che chiamiamo il progresso, è questa tempesta”
Walter Benjamin
 
 
 
 

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