A Montmartre la matta suona la pianola
per due spiccioli e un sorriso.
Tarlata dalla memoria, ubriaca
“…non, je ne regrette rien”
scricchiolando note
come acini d’uva.
Fotografie distratte illuminano
il retro della notte mentre un vecchio
scuote la polvere dal marciapiede
liso e assonnato.
Il servofreno del cuore rallenta
comete e zuccheri filati,
pare di rivederlo il poeta
scrivere sur la rive gauche
un amore così grande, così forte.
Così banale.
Le metro cigola sconclusionati binari
sino alle porte di Clignancourt
dove puoi vedere ancora
foglie morte e balbuzie,
afasie nelle menti e Pulcinella.
Il fantasma di Modì ride
trovando tra un tombino e l’aurora
l’orecchio di Vincent, quello
che ancora sentiva
il dolore del mare.
Suona le campane, Quasimodo, suona
con tutta la rabbia della primavera.
Esmeralda stanotte verrà
con due spiccioli di pena,
ti regalerà un fottutissimo piccolo
minuto per baciare il tuo sorriso.
E il tramonto chiude
gli occhi e il silenzio si uccide
sulle luci di madame Eiffel
che si spoglia senza pudore
come una ballerina di terza fila,
distrattamente amata
incredibilmente sola.
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