Scritto da © Anonimo - Gio, 19/11/2009 - 13:57
La sorte che a Cape Agulhas rubò a Bartholomeu Dias
i venti del trapasso
dal freddo Atlantico al caldo Oriente
non furono per te un freno, Luìs.
Come le faraone virarono a ore dieci
per fare fiato a Malindi, e cibo,
così Da Gama portò i Lusitani a Calicut
e latte di cocco procurò per coppe di lamento.
Aveva in mano il filo e l’ago del tuo nome
ricucì gli argini
da cui fluì l’attesa da tante sabbie alla riva della sorte.
Il tradewind aprì un fulcro di ricchezza
sulla fronte della polena
prima del giorno del dolore eterno e non più breve.
Che muoia il mare!
Muoia - qui - il mare e non gli sopravvivano i marosi
né l'avoriata spuma del liquido elefante
in orgia
nemmeno le compassate rocce corrose.
Sulle loro guglie balla l’acrobata fantasma
Flying Dutchman in cerca di ristoro.
Hojhe! Hallojo! Ho He!
Ho! He! Ja! Hallojo!
Ho! He! Ja! Hallojo!
Che il suo teschio di sale sia la sede del sole
e ogni piaga delle tue mani l’asciughi
la sabbia del costato.
Ora tu cogli l’intimo bacio dei venti
che vagabondano tra scogli e l’alto Adamastor
rubato amore delle tue mani dirò a puro cuore
e negli abissi le carcasse vuote
tese ai compassi nel ritracciar la rotta.
Cavalca se puoi un affusto di cometa
orientati all’ovest della tua gloria e torna;
giacchè potrai contare sulle stelle
avrai una scia di sicura luce.
Verranno i marinai con serti di ricordi
gli occhi si spanderanno in urla
e il mento tremerà per labbra strette
e un troncato pianto.
Ma io, Luis, ti porto un funerale in versi
ed un povero canto d’alghe
che il mare che cogliesti ancora duole.
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