Una lacrima | Prosa e racconti | Fulvio | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Una lacrima

 
 

Quando Paride Zappalà (cinquantasei anni ancora ben pettinati) cambiò quartiere, città e pianeta a seguito di una polmonite fulminante, tutto restò esattamente come prima. Quella sera, sua figlia continuò a registrare nomi, numeri e cazzate nel nuovo cellulare e la moglie “non poteva assolutamente” sospendere l’imbottigliamento della passata di pomodoro. 
Nemmeno il notaio del paese avrebbe scomodato per lui la sua cupa solennità testamentaria perché non c’era alcuna eredità da assegnare essendo tutto intestato all’avida grassona che stava passando i pomodori.
Soltanto il vecchio padre rimase taciturno e schivo. Esattamente come lo era sempre stato.

    Una morte così, Paride Zappalà non la poteva accettare. Non per ripicca, ma per rigore logico: nessuna reazione, quindi, nessuna morte. Infatti, quale elemento indispensabile al rinnovo della vita, la morte deve produrre una qualche modificazione. Quanto meno deve produrre del sentimento. Altrimenti non serve, è inutile.                                                              

Soltanto le persone amate sono indispensabili e lasciano, morendo, un grande vuoto da colmare. Ebbene, nemmeno su quel vuoto poteva contare Paride Zappalà che apparteneva alla categoria meno pregiata di coloro che amano e per i quali, la sola cosa da colmare è la fossa.

   Le complesse regole cosmiche che reggono l’universo, contemplano in questi casi la possibilità di tornare in vita e il buon Paride decise dunque che sarebbe rinato; non c’erano madonne!

    Siccome aveva un animo romantico, pensò subito di reincarnarsi in una rondine. C’era un vecchio nido abbandonato sotto il portico e l’idea di riportarvi la vita lo solleticava. Da tempo, le rondini erano sparite dal paese e già gli sembrava di sentire i commenti: "Toh, una rondine... è tornata al vecchio nido... che creatura poetica!" e altre banalità che a lui sembravano pensieri delicati.

Per la prima volta avrebbe potuto liberare la natura gentile che si sentiva dentro. Avrebbe cinguettato girando in ampi cerchi  seguita da sguardi amorevoli e avrebbe significato un lieto auspicio per tutti, una speranza futura. Una rondine, finalmente.         

     La mattina dopo si fece trovare nel vecchio nido col capino nero che volgeva intorno.

La prima ad uscire di casa fu proprio la moglie e la rondine mosse graziosamente un’ala per richiamarne l’attenzione.                                                         

Quella alzò lo sguardo, inerte: «Ah, sei tornata a imbrattarmi il portico di merda» disse torva.   

     Una bambina la raccolse morente sul selciato. La rondine s’era buttata, a tutta velocità, contro il campanile.                    

La tenne un po’ nella manina sperando che si riprendesse, poi l’avvolse nel fazzoletto insieme a una lacrima e la vegliò per qualche minuto prima di seppellirla sotto una zolla.

    Dentro il fazzoletto, Paride Zappalà cominciò a ragionare su quale nuova incarnazione inventarsi, ma aveva le idee offuscate, sempre più offuscate.

Rinnovatasi in un delicato sentimento di bambina, la sua breve vita non era stata inutile e, questa volta, era finita per davvero.

Quella lacrima, l’aveva fregato.

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