Scritto da © Winston - Mar, 17/01/2012 - 14:31
La domanda cruciale ancora una volta rimase inevasa. Lo è ancora oggi quel chiedere cosa pensi di me, come persona.
Quando la risposta sfugge, si fa latente, gira intorno al verbo, chi ha posto la domanda si sente solo. Chi ha avanzato la richiesta sente che non gli si vuol rispondere.
Meglio: sente che gli si è risposto “Arrangiati”.
La vecchia Patty:
Oggi qui
domani là
io vado e vivo così
senza pene
vado e vivo così
casa qui
io non ho
ma 100 calze io ho
oggi qui
domani dove sarò
qui e là
io amo la libertà.
domani là
io vado e vivo così
senza pene
vado e vivo così
casa qui
io non ho
ma 100 calze io ho
oggi qui
domani dove sarò
qui e là
io amo la libertà.
Nulla di grave, non ci oppone alla libertà dell’individuo.
Se questi però, al respirare di un altro, deve sentirsi oppresso, e continuare a fare mere enunciazioni di principio a favore di chi avanza altrettante mere enunciazioni di principio, di qualunque tipo esse siano, cade allora in evidente contraddizione con l’idea di socialità, la quale vuole che la medesima idea debba essere intesa dall’uomo in senso totale e non parziale, evidenziandosi materialisticamente e storicamente nella società, per tale parzialità, la formazione di gruppi concorrenti.
Nulla nemmeno contro la concorrenzialità, purché non confluisca di nuovo nel caos. (cosa, caso)
Il non aderire a quanto appena detto, il non crederci, il non sognare la realizzazione della socialità nel suo carattere di totalità necessaria comporta, in via obbligata, la contravvenzione a tutti i cinque principi della logica classica, cui, per chi fosse interessato, rimando.
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