Scritto da © Anser - Gio, 06/01/2011 - 12:47
Io sono poca cosa. Come un ramo
proteso a ricercare luce
[memoria d’acqua tra foglie e pioggia]
con rapidi sorrisi e smentite parole
appoggiate a grovigli di spine.
L’orizzonte si piega al mio sguardo
[pupille poggiate a rocce, sentieri]
a discesa in cerca d’ombra di tracce
confondo sogni e battiti
d’ali, con rischio di volo.
E quella fame di parole,
come sfiorare di dita, ancora.
Non guardarmi, ora, che il vento
piega ogni strada, e le ore
perdono lana [non rimane
residuo di calore, luce]
non possiedo l’obliquo del cielo
ed il volo, quieto, s’arrende.
Dove sono i tuoi occhi, ora,
e quella risata che spezza il cuore?
Sono anima che si tende
a spezzare l’incastro
di passi gettati, senza orma di sabbia,
[colore di sete nel cercare
il fresco d’acqua del bagnasciuga]
poi guardare ghirigori di sale
come disegni improvvisi di dio.
Asciugherà, questo vento, violento,
ogni traccia di pioggia dal viso.
Chiuderò gli occhi, ogni sera
per donarmi al folletto dei sogni
[eccolo, ride vestito di stracci e piume]
non chiamarmi poeta, o giullare
sussurrami piano, se vuoi
il mio nome.
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