Scritto da © Franca Figliolini - Lun, 25/06/2012 - 18:37
Huang Li si riscosse all'urlo del sorvegliante che le svegliava tutte le mattine alle sei. La fievole luce che filtrava nello scantinato dove le dieci donne dormivano e lavoravano, non bastava infatti a interrompere il sonno profondo in cui cadevano dopo dodici ore di lavoro ininterrotto. Da oltre un anno il mondo di Li, dal piccolo villaggio nella sconfinata campagna cinese in cui viveva, si era ridotto a quel locale angusto e cupo, con piccoli finestrini in alto protetti da grate, un po' contro gli animali e un po' perché da fuori fosse impossibile capire cosa succedeva dentro.
Li sapeva che il laboratorio si trovava nella periferia di una grande città italiana, Roma. Ma non ne aveva mai visto nulla. Finché non avesse riscattato il viaggio, infatti, non poteva uscire: il suo passaporto era nelle mani di chi l'aveva portata sin lì. Ormai però, mancava solo un altro anno e sarebbe stata libera. Huang Li non si lamentava, anzi, si sentiva una delle fortunate: era potuta partire, era sopravvissuta al viaggio e il lavoro, benché faticoso, non era dei peggiori. Si alzò e salutò con un piccolo inchino il sorvegliante, che le porgeva la solita tazza di riso per colazione. Li era fedele al suo nome, che in cinese vuol dire 'gentile'. Sì, era proprio una giovane donna gentile, dal sorriso luminoso.
Proprio con quest'ondata di afa la dovevano far arrivare fin lì, in quella landa desolata della periferia romana. Benedetta sbuffò, maledicendo fra sé il politico locale che, per farsi vedere vicino alla "ggente", aveva deciso di farsi campagna elettorale nel mercato di quel quartiere solitamente dimenticato da dio, e più ancora dagli uomini. Il mercato era uno di quelli nuovi, "igienici". I chioschi irreggimentati in file ordinate, vietati ombrelloni e teli per ripararsi dal sole che batteva implacabile. Per lunga abitudine agli orari dei palazzi romani, erano arrivati lì alle undici e mezza. Di "ggente" ce n'era ben poca, ad accogliere l'onorevole. Il popolo sarà pure bue, ma anche i buoi cercano riparo dal caldo! Persino i proprietari dei chioschi avevano lasciato lì solo i loro lavoranti del Bangladesh, che chiacchieravano fra loro ignorando il piccolo codazzo di gente che si muoveva tra i banchi.
Comunque, al politico, quello che interessava era che ci fossero le telecamere ad immortalare l' "evento" e qualche giornalista di agenzia per un lancio da mettere in rassegna stampa. E quelli c'erano, come no. La giornalista non aveva voglia né tempo di riflettere su cos'era diventata la sua professione. In quel momento, poi, l'unica cosa che voleva era un po' di sollievo dal caldo. Così, si fermò ad un chiosco che vendeva roba cinese e comprò il primo ventaglio che vide: un ventaglio rosso, con dei disegni sopra. Sembravano dipinti a mano ed avevano una certa grazia, osservò Benedetta stupita. Poi notò che il codazzo si allontanava ed accelerò il passo sventolandosi col nuovo ventaglio.
Non si può dire che Li amasse il suo lavoro, ma fatto si è che aveva un dono. Sapeva dipingere con grazia i ventagli che le altre donne fabbricavano. Nonostante il poco tempo a disposizione, riusciva a dare un'impronta personale a ciascuno di quegli oggetti, armonizzando i colori e scegliendo i disegni con cura. Non che ai suoi padroni interessasse, o che venisse premiata per questo. L'unica cosa che contava, per loro, era che alla fine della giornata ci fosse il numero di ventagli previsto. Ma a lei veniva spontaneo fare così.
Pensava che magari le signore che li avessero comprati lo avrebbero notato, e sarebbero state contente del loro acquisto. Le piaceva l'idea che una di loro si chiedesse chi mai fosse stata a dipingere quell'oggetto da poco con tanta grazia. Perché, come abbiamo detto, Li aveva un animo gentile.
Finalmente la parata era finita. «Sottolinea questo e quest'altro», stava dicendo l'addetto stampa del politico a Benedetta. Lei lo ascoltava a malapena. Ormai quei 'pezzi' sapeva scriverli a occhi chiusi. Anzi, era l'unico modo per scriverli.... Salutò frettolosamente tutti, ansiosa di rifugiarsi nella macchina che la stava aspettando parcheggiata un po' più in là.
Salì quasi di corsa e chiese subito all'autista di accendere l'aria condizionata. Non ne poteva davvero più di quel caldo. L'aria fresca cominciò ad uscire dai bocchettoni, e la temperatura nell'abitacolo scese ad un livello più confortevole. Benedetta smise di sventolarsi col ventaglio e lo posò aperto sul sedile vuoto accanto a lei. Una macchia rossa sulla pelle nera. Quando arrivò a destinazione e scese lo lasciò lì. «Dottoressa, il ventaglio!» la richiamò l'autista. «Lo dia a sua figlia per giocarci,» rispose lei. «Dove vuole che vada, con quella roba cinese da due soldi?»
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