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Il venditore di destini (terza parte)

big_255425_5167_1. Salvador Dalí, Sleep, c. 1937_big.jpg
C’era un uomo che avanzava lentamente, seguito dallo sguardo di tutti i presenti. Era avvolto in un leggero mantello di seta, che scendeva in morbidi drappeggi sopra una tunica di lino. Non era particolarmente alto, ma una lunga barba ed un complicato copricapo turrito gli davano un portamento imponente. Era seguito, ad una certa distanza, da due assistenti che portavano voluminosi fagotti. Man mano che avanzava la folla si accodava, formando un variopinto corteo.
Erano ormai diversi giorni che mi trovavo in quel mondo estraneo, in cui mi muovevo solo grazie all’amorevole guida di Talnòc. Con i suoi modi gentili egli riusciva a rendere meno dura la mia situazione. Era discreto ed autorevole allo stesso tempo, indirizzandomi nelle mie attività quotidiane senza darlo troppo a vedere.
Nelle prime ore dopo il mio arrivo a Palnoc avevo perso a poco a poco la memoria del mio passato. Tutto era svanito dalla mia mente senza che riuscissi a trattenere nemmeno un brandello di ricordo. Mi ero ritrovato senza un’identità, in un mondo che non conoscevo. Solo la sua presenza riusciva a darmi un po’ di calore. Non so cosa avrei fatto senza di lui. La sua presenza mi consentiva di sopravvivere, rimandando ad un domani indefinito le domande che tenevo chiuse dentro la mia testa.
Poi, con il passare dei giorni, la nozione del passato aveva cominciato a riaffiorare, grazie anche alle domande calibrate del mio amico. Ora ero di nuovo in grado di riconoscere con chiarezza gli avvenimenti della mia vita precedente. Sapevo di Torino, della mia famiglia, del lavoro che mi portava in giro per l’Italia.
Lo sapevo, ma non ne avevo il ricordo.
Perché quelle nozioni non erano accompagnate da alcuna emozione, non mi suscitavano alcun sentimento. Avevano in me lo stesso impatto delle cose studiate a scuola, come se non le avessi vissute di persona. Il fatto, che pur mi era ormai chiaro, di avere una moglie e dei figli ad aspettarmi, mi appariva come una pura informazione. Per me, in quel momento, era come sapere che i crociati avevano conquistato Gerusalemme nel 1099, durante la prima crociata. Non un ricordo personale ma una semplice nozione, amputata della sensazione di fatica che ti entra nelle membra, del sapore aspro della polvere mista a sangue, del dolore vivo delle ferite o del senso esaltante della vittoria conquistata a caro prezzo. Senza la capacità di far rivivere il riverente smarrimento che aveva preso quei rudi guerrieri quando finalmente avevano potuto accostarsi ai luoghi della Passione.
Nessun sentimento si agitava in me al pensiero di ciò che ero stato fino a pochi giorni prima. La mia vita precedente era solo una serie di anonime note nel libro della storia.
Ero diventato freddo al mio passato, ma non incapace di sentimento. Di questo ero sicuro, Provavo per Talnòc un senso di sincera amicizia, per esempio.
Con lui ero tornato in centro e lui aveva insistito perché ci sedessimo ai tavoli di un bar sulla piazza del mercato. Quando era comparso l’uomo con il mantello mi stava chiedendo del mio lavoro.
“Sono consulente di logistica per la grande distribuzione” gli avevo risposto.
Aveva aggrottato le sopracciglia.
“Cos’è la grande distribuzione?”
“I supermercati. Come li chiamate voi qui?”
Non aveva risposto subito. Aveva cercato di elaborare quello che gli stavo dicendo, prima di parlare.
“Supermercati? Vuoi dire mercati molto grossi? Più di questo?” ed aveva indicato la piazza.
“No, no” dissi con un mezzo sorriso “dove andate voi a fare la spesa?”
“Beh, nelle botteghe, dove altrimenti?”
Era stato in quel momento che era arrivato lo strano corteo. Avevo immediatamente lasciato cadere il discorso, attratto dalla novità.
“Chi è quell’uomo?”
Talnòc aveva ripreso il controllo della situazione ed ora mi guardava con aria complice, come se mi avesse portato in quel posto proprio per farmi vedere quello spettacolo.
“E’ il venditore di destini, non vedi?”
 

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