Conducimi
lungo il fiume del pianto
dell'uomo di oggi,
oltre le gelide sponde
ove filari d'alberi spogli
fan cornice alla sera,
verso i prati infiniti
che dipinsi con gli occhi
imbevuti di sole
del bambino di ieri.
Ritroverò
i miei sorrisi d'agosto
stesi ad asciugare
dopo allegri acquazzoni
durante le vacanze
nel paese del mio cuore.
E le farfalle che salvai
da crudeli ragnatele
o fatali pozze d'acqua
per poterle poi guardare,
libere ancora,
involarsi nel vento
dal mio piccolo palmo di mano.
Ritroverò
i fiori più belli e più rossi
del soave giardino dei giochi
dove deposi il mio animo grato
sopra altari di foglie d'autunno
ad immoto presente imbastito
ad eterna memoria donato
per mai scordare
la voce del mare
che nelle notti d'inverno
il mio placido sonno cullava.
Ritroverò
tutti i miei sogni d'allora
ancora integri e puri
come marmo d'antica chiesa,
indomiti e impetuosi
come il vento dell'Utopia,
mentre la luce di ieri
inebrierà il mio pallido volto
e le mani di mia madre
mi guideranno ancora
verso le giuste vie
che si apriranno a me
su vallate fulgenti
ricolme d'alberi immensi
dai dorati frutti di miele.
E riavrò così
gli umili sogni
che mi hanno scippato
con fetide grinfie,
col ghigno negli occhi,
e che ora giacciono
in un nido di ghiaccio
nell'attesa del tempo
del mio ritorno.
E le mie mani
carezzeranno i cani soli
come un tempo, generose,
ad essi donavano
tutto l'amore
che mai conobbero
così intenso e fremente
nella loro grama esistenza.
Risentirò, alfine,
l'arcano profumo
della quiete del meriggio
che cantava nel mio cuore
in perpetua armonia,
e rivedrò
gli occhi d'un rosso gattino
in un cortile assolato di maggio
e dietro le sbarre
di quel grigio cancello
il silenzioso amico cane,
che salutò con un guaito
la mia lacrima tenue
mentre mesto partivo
per lontano.
Ritroverò, incredulo,
il me stesso più vero:
colui che crede ancora
alle favole dell'alba,
colui che si sorprende
ad ascoltarsi ridere
senza timore
di essere ridicolo,
di sembrare stupido
o piccolo ed inutile.
Come quando
un improvviso temporale
ci costringeva a correre
verso treni che non partono
verso giorni che non tornano.
E sarà così che io,
stanco ma sereno,
sfiorerò con dita tremule
i petali del divenire
e quando la serà scenderà
sui miei occhi ancora accesi,
baluginanti
nel buio del mondo,
chiamerò per nome
il mio rimpianto
e quel nome
sarà il mio.
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