Scritto da © Franco Pucci - Ven, 18/02/2011 - 07:44
pende dal poggiolo distrattamente, come morto
forse lo diresti avvizzito, ma forse sta fingendo
l’ultimo geranio un dì carminio acceso
ora si confonde triste con la ruggine del vaso
lo sguardo viaggia oltre, veleggia verso il molo
stanotte anche il freddo mistifica la stagione
come nell’improvviso vuoto di camera iperbarica
la calle rimanda solo il canto del mio respiro
[aria, ho bisogno d’aria]
ho i brividi ma in fondo penso che l’ho voluto
cercavo un respiro che aprisse il cuore al pianto
il giorno che ho visto morire nacque indifferente
mi fu patrigno annoiato, non mi disse il perché
cerco lassù una crepa tra il nero incombente
una piccola ragione di luce, seppur lontana, distante
un segno che mi dica “ecco ti sto guardando
non cercare recondite ragioni, ti sono accanto”
[aria, ho bisogno d’aria]
perché stanotte anche i gabbiani tacciono affranti?
l’anima urla nel silenzio irreale una tristezza immotivata
guardo con distacco il capo reclinato del geranio
il rosso dei suoi petali svilisce alla luce del lampione
un gesto deciso ed è finto stupore il suo morire planando
come sanguinante ferita appare sul grigio selciato
torna lo stridio dei gabbiani, la calle ha l’eco consueta,
cerco con gli occhi lassù, ora una crepa si è aperta
respiro una piccola luce
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