Nella località collinare di Santa Croce, in provincia di Grosseto, giungevo, dopo un estenuante viaggio alla piccola abitazione della nonna. La porta si aprì con una debole spallata. Mi lasciavo andare sul letto e pregavo che un Angelo venisse in mio soccorso.
Pensavo a quell'incontro a Ventimiglia... Mia madre era venuta... Pallida e bella, mi abbracciava, dicendo: “Zvanì, ritorna alla casetta...”
Mamma, son ritornato... Ci sono ancora come le hai lasciate, tutte le cose in religiosa attesa... Da questo letto dove tu sei morta, guardo l'altra stanzetta... Un tavolo, due sedie, una credenza due lavelli, ma non c'è più l'acqua.
Andrò a cercarla ai piè della Madonna, dove pregavi Tu.
Mi inginocchiavo a quella sacra fonte; c'era la Madonnina, come sempre. Sgorgava un filo d'acqua, quanto basta per far la croce e inumidire il viso. Rientrato, rigirai il rubinetto ma, rimaneva asciutto... Andavo al piccolo lavabo, per rinfrescarmi, dopo la stanchezza; girai la rotellina, non c'era traccia d'acqua. Lo sgomento mi vinse; caddi in ginocchio... E nel pregare mi rivolsi al Santo che m'ebbe visto all'ultima fermata. La carrozza era lì, ma il conducente non si degnò di dirmi: “Può salire.” Gli dissi: “Sono un profugo del Cile...” Allora si convinse e mi abbordò. Lungo il tragitto, fummo silenziosi; al crocevia, il cocchiere riacquistò la parola e mi diceva: “Non so se le va bene... Però, mi fermo qui.” Risposi: “Come vuole...” Nell'assoldare il debito, mentre mi accomiatavo, sentii una mano eterea e calda al tempo stesso, prendere la mia destra, come volesse aiutarmi a scendere quell'ultimo gradino. Mi sorrise, dicendo: “Arrivederci...” sì che non ebbi il tempo di ringraziare.
Lungo il cammino mi sentii estenuato; finalmente vedevo un'osteria... Lì mi fermavo. E fu grazie all'accoglienza del gestore, che mi risolsi a chiedere: “Come posso raggiuger Santa Croce?”
Mi rispondeva: “Aspetti un sol momento, le do un passaggio con il mio calesse fino alla contrada di Pieve Santa Croce.”
“Non so come ringraziarla,” dissi e avrei voluto subito compensarlo del favore, ma il buon gestore, respinse il mio gesto con dignità ed affettuosamente, rispose: “Non ci pensi... E' doveroso esser ospitali.”
Ringraziavo, calorosamente e non ebbi pudore, nel dirgli: “Buon amico, Vi sarò sempre grato, finché sarò costì, ma anche dopo.”
Fu soltanto così che raggiungevo la casetta in collina di nonna Eliana. Il suo orticello era in prossimità di una selva davanti alla quale si ergeva la statua della Madonnina, circondata da una sorgiva, grazie alla quale s'era formato un laghetto d'acqua trasparente. Ora l'acqua non c'era...
Non so per quanto rimasi in preghiera, sul pavimento della cameretta... All'improvviso, con naturalezza, mi accorsi d'essere in intimo colloquio con Leopoldo di Mandic. Ero di fronte al Santo: baciavo le Sue mani, magre... nodose... simili a rami di alberi frondosi ed alti.
Ed Egli mi parlo: “Perché temi la morte? Sappi che, sulla Terra, è il bene più importante.”
Mi quietavo e chiedevo: “Che cosa devo fare?”
“Mantieni nella fede i tuoi ideali.”
Il Santo dispariva, lasciando la Sua pace. In quel silenzio verde non udivo, che gocciolio distinto.
Mi levai per vedere... E vidi il rubinetto, semiaperto, spander la prima... la seconda stilla... l'acqua ora c'era. Restavo senza parole. Nessun ringraziamento, sentivo più profondo del mio grazie sommesso.
*Brano tratto dall'opera, in corso di ristampa: "Le Memorie di un professore", di Giuseppina Iannello.*
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