Scritto da © Giuseppina Iannello - Mer, 11/12/2019 - 17:24
Era febbraio,
al cadenzare lieve,
veniva avanti, un po’
canterellando…
Veniva avanti con l'ombrello
bianco,
mi disse: “Perché piangi,
o mia sorella?”
Risposi: “Vedi… sono tanto
stanca. Attendo la corriera
delle 20:00.
Non comprendo la neve:
è molto bella, ma
acuisce il tormento
e sto pensando...
C’era la neve
e la mia dolce mamma,
ad ogni costo, volle
accompagnarmi.”
Ci scambiammo un abbraccio.
Mi disse: “Ti comprendo;
ti capisco.
Ma, in antitesi a te,
godo il momento,
di sentirla, impalpabile
e lpur vera,
sul mio nudo percorso.
Mi ricordo la mamma
e tutti insieme,
a goder dell’incanto.
La corriera non venne
e ci svelammo alcune
confidenze:
“Se mai dovessi…
Se mai dovessi un giorno
far ritorno,
non chiederei mai più,
d’essere donna,
vorrei essere un fiocco.”
Le rispondevo,
quasi di rimando,
“Io, no.
Io non vorrei mai più,
dolce sorella,
rinunciare alla gloria
che ci spetta.
E ritornassi, ancor,
milanta volte,
tutte le volte,
vorrei essere donna
e riabbracciare ancor
la stessa mamma.
La corriera veniva:
era già notte;
un fil di pianto,
ci rigò le guance;
poi… prorompemmo
senza più ritegno.
C’era la neve;
c’era un vel di stelle.
Noi lo sentimmo,
quale un lieve canto,
qual fil di gemme,
tra azzurrate piante,
sodalizio d’inverno.
** - La poesia parla di un feeling emozionale tra due docenti con un’amara esperienza in seno all’ambiente scolastico. - **
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