Scritto da © Giuseppina Iannello - Mer, 20/05/2015 - 08:59
Veniva avanti
al passo di una danza
al cadenzar della neve;
ed inoltre... Cantava.
Veniva avanti
con un ombrello schiuso
che poco le serviva.
Io ero alla fermata
della corriera.
Mi chiesi: perché canta?
In questa sera che incombe,
profonda, triste...
"Ecco, viene verso di me;
anch'ella attende la corriera."
Fu come avesse letto
nel mio pensiero
perché mi disse il suo nome
e continuò: "Vedi...
E' una fragranza lieve
impercettibile quasi,
ma io la riconosco,
al primo fioccare.
Mi rivedo bambina
e tutti quanti insieme...
La mia famiglia."
Risposi: "Ti comprendo,
sorella,
però a me la neve
è causa di angoscia
e di malinconia.
la coltre bianca,
un brivido m'infonde:
penso a una mamma stanca,
che, ad ogni costo,
volle accompagnarmi."
Ci comprendemmo a vicenda.
Poi, ci scambiammo confidenze
sui nostri ambienti di lavoro,
dei quali eravamo profondamente
deluse.
E nel riepilogo triste della vita,
che ancora amaramente,
si svolgeva,
l'occasionale amica,
alzò la voce,
e così, mi parlò:
"Ti dirò, voglio essere sincera:
se mai, rinascere dovrò,
dopo codesta vita,
se mai sarò su questa terra,
voglio essere neve,
un fiocco di neve, leggero
perché troppo ho patito."
Di rimando, risposi:
"Io no, cara sorella;
dovessi io rinascere,
millanta volte ancora
vorrei essere donna,
anche se ho molto pianto.
E vorrei ritrovare
la madre di adesso,
vorrei abbracciarla forte,
senza farle del male.
E vorrei ritrovare
gli affetti di sempre.
Al bando tutti i cattivi!"
E così si chiudeva
ogni nostro discorso,
mentre, le lacrime
di quei momenti,
in cui preferibilmente,
convien restar da sole,
venivan giù,
e senza più pudore.
Fuori dalla pensilina,
fioccava ancora.
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