Scritto da © Giuseppina Iannello - Gio, 09/05/2013 - 20:37
di J.W. von Goethe
Io sono il re dei Cimbri[1],
maldestro ciabattin,
ho il regno in mezzo ai nembi,
ma canto tutto il dì.
Senti?... La pioggia scroscia,
la pioggia cade...
Come la vien...
Prendi le sei stoviglie...
prepara il latte,
non lo sbollentar...
Prendi la mia valigia,
non fare il broncio,
non ti avviluppar.
Dici: “Non voglio”;
è un cruccio... ma sul
cuore, ti sento già.
Ti ho dato due sberlotti...
ho le gambe rotte, non più l'età.
Ma se indovini
il sogno, mio ben,
Ti nutro a pane e miel.
Senti?... La pioggia scroscia,
vicino a Te.
C'è ancora una terrazza...
riguarderemo il ciel.
C'è ancora una finestra,
guardiamo i tacch...
Che felicità...
Senti la gallinella, mentre zampetta,
per far tric-trac.
Io sono il re dei mastri,
provetto ciabattin,
ho il regno in mezzo ai sogni
La casa assieme a te.
[1] Il Poeta allude con il termine Cimbri, popolazione barbarica, alla turbolenza del temporale.
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