Scritto da © Giuseppina Iannello - Gio, 19/12/2019 - 18:59
Io ti rivedo, nonna
nel pallido sembiante,
non ho ricordi, ma
la lunga treccia, delinea
i tratti delicati.
Non ho ricordi e sempre,
i tuoi capelli denotan gli occhi
belli,
i gesti, gli atti.
Io ti ricordo nonna,
perché mi dice il nonno:
socchiudi appena gli occhi
e ancor la rivedrai.
Come sei bella nonna,
nell’abito nuziale,
le lacrime del sole
irrorano il tuo volto.
Figliola, mi ammalai,
ma non volevo dire
al nonno,
ai miei germogli che stavo...
per morire.
Come sei bella nonna,
mi appari come in sogno,
qual rosa tra le spose
dal delicato stelo.
Pinuccia, io non sapevo...
Un giorno ebbi paura;
io non avevo voglia di avere
il mio ritratto.
Ed era troppo tardi,
quando ne chiesi uno.
Nipote, io non volevo
che un labile abbandono
tradisse i sogni infranti,
svelando le mie pene.
Pinuccia, ti vedevo
insieme al papà tuo
guardare fra le ciglia,
la lacrima sospesa
“è per la nonna, vero?”
Ritorno al mio mistero
per dirti alcune cose:
le foto che non vedi,
risplendono
nel cielo.
Quell’unica che volli,
che quasi reclamavo,
fu solo un espediente
perché non stessi male.
Non fu scattata.
Pinuccia, ti vedevo
di già nel preesistente
con i tuoi capelli sciolti
e l’abito da sogno.
Mi hai chiesto: ti somiglio?
Ti rispondevo: molto.
Ascolta:
apri il mio scrigno;
ti ho lasciato
un ricordo1.
1La Nonna mi lasciava, in ricordo, la sua treccia.
*** Parlo della nonna Paterna, perché la Materna ha il medesimo nome. ***
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