Scritto da © Giuseppina Iannello - Sab, 01/09/2018 - 10:05
Ricorrendo nel mese di dicembre la nascita di due poeti, gloria della nostra letteratura, Giovanni Pascoli e Guido Gozzano, nati rispettivamente, il 31-12-1855 e 19-12-1883, rispondo all'esigenza di rendere loro omaggio, con un accostamento, relativamente alla poetica di entrambi:
- Giovanni Pascoli inaugura la poesia del Decadentismo, che indica lo sconforto dell'uomo di fronte alla decadenza dei valori morali;
- Guido Gozzano inaugura la corrente del Crepuscolarismo, che indica la malinconia dell'uomo di fronte alla constatazione della caducità della vita, con i suoi valori morali.
Aspetti comuni della loro poetica sono i temi della nostalgia e del rimpianto perché entrambi sognano e rimpiangono il ritorno ad una esistenza impostata sui sani principi della moralità e della concordia tra gli uomini.
Pascoli, duramente provato dai lutti familiari respinge con forza l'idea della morte e si rifugia nell'amore per la natura, che gli viene dall'eredità materna; nel suo rifugio, il poeta riscopre le piante tanto amate dalla madre: fiori di vitalba, la cedrina, i gigli, … Sulla campagna tutto è un volteggiare di ali che alludono al ritorno degli affetti familiari.
Gozzano, parimenti, sente molto gli affetti famigliari e i valori che questi esprimono; avvertendo la caducità di questi, trova rifugio alla propria sofferenza nel suo piccolo mondo borghese e di provincia, nel quale rivivono “Le buone cose di pessimo gusto”: Loreto impagliato, la cartolina della bella Otero affissa alla specchiera, ecc. ed i profumi e gli aromi (specie nella cucina della signorina Felicita), che sono la rievocazione nostalgica di un intenso mondo affettivo.
Pascoli respinge l'idea della morte e sente il mistero, dal quale gli giungono palpiti, fremiti, voci, sussurri (vedi: “I gelsomini notturni” e molte altre poesie). Egli è il poeta della religiosità del mistero; la sua poesia rappresenta il nesso tra le due dimensioni (1). In antitesi, Gozzano consapevole del male che mina il suo giovane fisico e dal quale sa di non poter sfuggire, nonostante la volontà di guarire, accetta l'idea della morte e ironizza su di essa.
Nonostante l'antitesi, tra Pascoli e Gozzano c'è un'affinità che consiste nella consapevolezza che la certezza, risiede nell'incertezza: tale consapevolezza è la religiosità del mistero.
L'incertezza di entrambi, confluisce nella certezza del sentimento, l'unica ragione senza regole matematica.
La poesia di entrambi è tutta pervasa dal sentimento religioso:
il ricorrente tema della morte, nella poesia del Pascoli, e il richiamo costante alla vita, nella quale, egli profondamente crede (vedasi la poesia: “Tra il dolore e la gioia”: “... ogni cipresso porta il suo nido...” nella raccolta Myricae).
In Gozzano, l'accettazione della morte, è ugualmente credo nella vita (nella poesia: “I Sonetti del ritorno”).
Nella poetica di Pascoli, che favorisce i versi rimati e le consonanze, coesistono modernità e classicità. In quella di Gozzano, è visibile l'unione, ovvero i connubio tra poesia e prosa.
Non ci sono parole per descrivere la bellezza della poesia dell'uno e dell'altro: ma che cos'è la poesia se non il sentimento dell'indefinito?
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(1) Panozzo Editore: “Storia della Letteratura Italiana”, vol.III
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