Scritto da © Giuseppina Iannello - Lun, 27/05/2013 - 08:22
* di G.Pascoli *
Ero a Firenze, solo da cinque giorni e sulla via di scuola tirava un venticel, che, stranamente, non mi offendeva... Anzi, donava enfasi ai polmoni. Avevo trentun'anni...
E la mia vita... Ritornava a fiorire. Non mi pentivo della scelta fatta, né d'avere lasciato quella casa, in via Pratesi. Tra Firenze ed Urbino, c'era un ponte, che conduceva alla prima casetta; nella seconda che era ancor più bella, c'era il mio amore, giunto poco dopo.
Stretti l'un l'altro, ci giurammo amore.
Era il mio primo giorno di lavoro, nel ruolo di docente in una scuola. Mi destavo felice e ti dicevo: “Oggi è i giorno più bello: ti prendo a braccio; tu mi accopagni a scuola.”
Sentii un soffio leggero fra le tempie e le ciglia, la carezza di un bacio.
Lungo la strada, fummo silenziosi, pure volendo dire molte cose, per sentire il calore della mano. Ma prossimi al cancello, rompevi il tuo silenzio, per dirmi: “T'amo tanto; ti faccio tanti auguri.” L'abbracciavo più forte e le dicevo: “Non vorei separarmi.” Mi rispondeva: “Sono nel tuo cuore.” Eravamo in anticipo... E le dissi: “Voglio farti un regalo...” Sollevasti lo sguardo in un sorriso, accostando la nuca sul mio petto, mentre, mi rispondevi: “Amore mio, mi basta solo, sapere che sei vivo.” Rispondevo: “Puoi essere sicura; saremo vivi entrambi. La rosa che raccolsi in un giadino, mi parla di una bimba e del suo nome, perché, sporgeva il suo capino rosa, nell'onda di un ruscello tra riflessi di sole. Pinuccia, voglio darti una figlia.”
M'abbracciava, commossa... Vidi quegli occhi, così inclini al pianto, lasciar cader le lacrime, guardare il cielo... Raccolse per via, un rametto; erano stelline bianche ed azzurre, fiori di settembre. Me li donava con trasporto dicendo: “Per Te, da me... Dal mare dei miei sogni.”
E la mia vita... Ritornava a fiorire. Non mi pentivo della scelta fatta, né d'avere lasciato quella casa, in via Pratesi. Tra Firenze ed Urbino, c'era un ponte, che conduceva alla prima casetta; nella seconda che era ancor più bella, c'era il mio amore, giunto poco dopo.
Stretti l'un l'altro, ci giurammo amore.
Era il mio primo giorno di lavoro, nel ruolo di docente in una scuola. Mi destavo felice e ti dicevo: “Oggi è i giorno più bello: ti prendo a braccio; tu mi accopagni a scuola.”
Sentii un soffio leggero fra le tempie e le ciglia, la carezza di un bacio.
Lungo la strada, fummo silenziosi, pure volendo dire molte cose, per sentire il calore della mano. Ma prossimi al cancello, rompevi il tuo silenzio, per dirmi: “T'amo tanto; ti faccio tanti auguri.” L'abbracciavo più forte e le dicevo: “Non vorei separarmi.” Mi rispondeva: “Sono nel tuo cuore.” Eravamo in anticipo... E le dissi: “Voglio farti un regalo...” Sollevasti lo sguardo in un sorriso, accostando la nuca sul mio petto, mentre, mi rispondevi: “Amore mio, mi basta solo, sapere che sei vivo.” Rispondevo: “Puoi essere sicura; saremo vivi entrambi. La rosa che raccolsi in un giadino, mi parla di una bimba e del suo nome, perché, sporgeva il suo capino rosa, nell'onda di un ruscello tra riflessi di sole. Pinuccia, voglio darti una figlia.”
M'abbracciava, commossa... Vidi quegli occhi, così inclini al pianto, lasciar cader le lacrime, guardare il cielo... Raccolse per via, un rametto; erano stelline bianche ed azzurre, fiori di settembre. Me li donava con trasporto dicendo: “Per Te, da me... Dal mare dei miei sogni.”
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