Scritto da © Giuseppina Iannello - Mar, 06/08/2013 - 14:40
Fu così, che mi trovai da solo su quella strada che avrebbe dovuto essermi familiare. E mi sentivo perdere; con il respiro affannoso, percorsi ancora qualche metro. Poi mi rivolsi a mia madre: “Madre... Perché vi vedo e non vi vedo. Mi apparite sfocata; avete le treccine sulla nuca e un vestitino stinto... Ma fatemi un sorriso... Ch'io li veda quegli occhi belli come il ciel d'ottobre.
Mamma, vedete, ho pianto, ma non vi rattristate. Ritorna il figliol prodigo a chiedervi perdono.
Dite a mio padre che ricordo sempre quel suo ultimo abbraccio... E, quanto, a voi, le ultime parole, mi lasciarono in pianto.
Mamma, fra poco devo ritornare; datemi un segno che ci siete ancora...”
Vidi l'ombra di un braccio e una folata sollevarmi dall'ansia e darmi gioia: “Figghiu, vinisti... Stringiti u mei cori... Non t'aspettavo... Mi avvisò un'ancella del piccolo palazzo che intravvedi. Ora non dirmi che non ti sei accorto che fummo antichi e nuovi al tempo stesso... Il fato ci travolse ma non il sentimento. Sempre morimmo e sempre ci cercammo... Reggiti non temere. Ti aspetta una Famiglia.”
“Mamma che ne diresti se questi nuovi, io sposo la fanciulla, vista sul ballatoio?”
La mamma mi sorrise, mentre i ricordi divennero più chiari: “Io le posavo un fiore tra i capelli... Lei mi sfioro la mano, dicendo dolcemente vi voglio bene, Mister.”
E un'altra volta ancora, sfogliando il calendario, le dissi: “Amore mio, guarisci, se no... muoio.
O quante volte, Amore, scrivemmo i nostri nomi: Letterio e Pina insieme, insieme per la vita.
Madre, ricordi il sogno?
Ma perché la memoria non traduce i gesti e suoni, quel che accadde dopo?
Mamma, ricordo a sprazzi, quale era il mio mestiere?...”
* C o n t i n u a *
Mamma, vedete, ho pianto, ma non vi rattristate. Ritorna il figliol prodigo a chiedervi perdono.
Dite a mio padre che ricordo sempre quel suo ultimo abbraccio... E, quanto, a voi, le ultime parole, mi lasciarono in pianto.
Mamma, fra poco devo ritornare; datemi un segno che ci siete ancora...”
Vidi l'ombra di un braccio e una folata sollevarmi dall'ansia e darmi gioia: “Figghiu, vinisti... Stringiti u mei cori... Non t'aspettavo... Mi avvisò un'ancella del piccolo palazzo che intravvedi. Ora non dirmi che non ti sei accorto che fummo antichi e nuovi al tempo stesso... Il fato ci travolse ma non il sentimento. Sempre morimmo e sempre ci cercammo... Reggiti non temere. Ti aspetta una Famiglia.”
“Mamma che ne diresti se questi nuovi, io sposo la fanciulla, vista sul ballatoio?”
La mamma mi sorrise, mentre i ricordi divennero più chiari: “Io le posavo un fiore tra i capelli... Lei mi sfioro la mano, dicendo dolcemente vi voglio bene, Mister.”
E un'altra volta ancora, sfogliando il calendario, le dissi: “Amore mio, guarisci, se no... muoio.
O quante volte, Amore, scrivemmo i nostri nomi: Letterio e Pina insieme, insieme per la vita.
Madre, ricordi il sogno?
Ma perché la memoria non traduce i gesti e suoni, quel che accadde dopo?
Mamma, ricordo a sprazzi, quale era il mio mestiere?...”
* C o n t i n u a *
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