Scritto da © giuseppe pittà - Gio, 07/04/2016 - 17:43
questa tua luna
divide
ogni volta
il nostro cielo
confinando
con l’umidità dei pensieri
più profumati
spinge nelle storie del mattino
ammorbidendo
nel liquore della notte
mentre ci immergiamo
tutti insieme
nella volontà dell’abbandono
convinti di questa luna
che innamora mille volte e mille
giocando
di smarrimenti
tra tutte le direzioni
di un labirinto di passione
mentre
nuota nell’estasi
di meraviglia e tremore
nella costruzione
di un nuovo genere d’addio
dove
sorgono spazi geometrici
di prato
con la sfrontatezza
delle immersioni
nelle molteplici atmosfere
nell’adagio metodo di riflessione
di un monumento a stele
senza nome
accanto
agli spazi dell’unica certezza
di scegliere l’incertezza
riparando
nei crateri lasciati
da milioni di ferite
nei secoli di una storia
che
si ripete uguale e senza senso
rischiarata
nei momenti giusti della serenità
dalle meno complesse
dichiarazioni di sconfitta
dove gli eroi diventano topi
e i topi scrivono pagine
di più soffice futuro
in questa luna
che
si complica nella complicità
dei passi
fuggendo fragile ma determinata
verso altre terre e altri tempi
per ritrovarsi
almeno spenta
nel sistema molto ben organizzato
degli specchi e delle onde
degli echi
quando
senza spirito di risonanza
decidiamo tutti
per salvarci
dalla sopravvivenza
di riflettere nelle pozzanghere
consegnandoci nel finale
alla smorfia costruttiva
di un’ultima buona azione
liberando
sul filo della partenza
in un gesto
di splendida sacralità
un universo
finora
assolutamente
troppo possessivo
divide
ogni volta
il nostro cielo
confinando
con l’umidità dei pensieri
più profumati
spinge nelle storie del mattino
ammorbidendo
nel liquore della notte
mentre ci immergiamo
tutti insieme
nella volontà dell’abbandono
convinti di questa luna
che innamora mille volte e mille
giocando
di smarrimenti
tra tutte le direzioni
di un labirinto di passione
mentre
nuota nell’estasi
di meraviglia e tremore
nella costruzione
di un nuovo genere d’addio
dove
sorgono spazi geometrici
di prato
con la sfrontatezza
delle immersioni
nelle molteplici atmosfere
nell’adagio metodo di riflessione
di un monumento a stele
senza nome
accanto
agli spazi dell’unica certezza
di scegliere l’incertezza
riparando
nei crateri lasciati
da milioni di ferite
nei secoli di una storia
che
si ripete uguale e senza senso
rischiarata
nei momenti giusti della serenità
dalle meno complesse
dichiarazioni di sconfitta
dove gli eroi diventano topi
e i topi scrivono pagine
di più soffice futuro
in questa luna
che
si complica nella complicità
dei passi
fuggendo fragile ma determinata
verso altre terre e altri tempi
per ritrovarsi
almeno spenta
nel sistema molto ben organizzato
degli specchi e delle onde
degli echi
quando
senza spirito di risonanza
decidiamo tutti
per salvarci
dalla sopravvivenza
di riflettere nelle pozzanghere
consegnandoci nel finale
alla smorfia costruttiva
di un’ultima buona azione
liberando
sul filo della partenza
in un gesto
di splendida sacralità
un universo
finora
assolutamente
troppo possessivo
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