Zibaldino - 3/17: Del grottesco e dell'armonia | Prosa e racconti | Germano Mandrillo | Rosso Venexiano -Sito e blog per scrivere e pubblicare online poesie, racconti / condividere foto e grafica

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Zibaldino - 3/17: Del grottesco e dell'armonia

Michelangelo, Sibilla Delfica
Chi cerca trova. L'hai sentito da sempre. Beee (fa la pecora italiana, quella inglese dice Baaa) qualche volta ti è sembrato vero. Cerca qui cerca là l'ho trovato eccolo qua.

Ah! Con il Nulla si trastulla
esordì sin dalla culla
era fatta di betulla
s'invaghì d'una fanciulla
ma la morte tutto annulla.

come annulla? chii annuullaa? ascolta-ascolta le voci dentro! È dentro che devi ascoltare. È lon-ta-nissiiii-mo, ma ce la puoi fare se ti concentri... se ti concentri
sc sss sc sss

I  pensieri che corrono
N on sono che granelli:
S abbia che turbina,
E senti che parlano
G raffianti, stridenti,
U rlando e gemendo,
O sano e muoiono
N el vortice di rabbia.

I nseguono inseguiti
N ascono e rinascono
S on giovani e arditi,
E rrano e vagano,
G aloppano galoppano
U no, due, tre alla volta,
I nsieme oppur da soli
T entano ogni sentiero,
I nseguono inseguiti.

Ora-slegati-toccala-vedila-sentila-ascoltala-guardala.

S'aver tu brami un corpo notte e giorno,
se il corpo di colei che ami e t'ama,
la voglia tua per l'uopo più non chiama,
se omai quel corpo parti disadorno,
vien presso l'insaziabile sirena,
vien da colei ch'alla follia ti mena,
allor che, nuda, viene a dir che t'ama,
allor che, amando, amore brama.

I' vo' notando e dico ch'è chimera
fuggir da donna che d'amor dispera,
famelica beltà che scuoti il sasso,
altro non posso far: i' fermo il passo.
Se mai d'innanzi a te vi fosse Dio,
che pur di tua beltà fu creatore,
i' giuro che 'l piacer che porta oblio
farebbe di quel Dio un peccatore.  [1967]

Tintinnii di suoni stregati
ti accarezzano l'ipotalamo e la Ragione
come una goffa sinergia di pentium asincroni
emette scontrini fiscali
con importi in valute nuove ed incomprensibili,
stampati con inchiostro radioattivo
su carte policrome e fosforescenti.
Sono cumuli di scontrini velenosi
per dichiarazioni di redditi effimeri. [1998]

Ma dimmi allor perché temi la Morte?
Del morto i' non so qual è la Sorte.
Allora attendi ancor, lascia che dica
di quali umani essa è nemica.
Nemica è di colui che prega in chiesa
poiché di questi la Ragione è lesa.
Nemica è di colui che sponte sua
si rende schiavo della razza sua.
Amica è a quei che sfida l'Unyverso
perché la fede in sé non ha mai perso.
Amica è infin di quei che m'ama
poiché i' son di chi la Sorte trama. [1967]

Kiosha frest umma uhiabah,
wevàda klenòska yassa dahàba.
Esselènya gàrisha ràvada wina,
yébada nuròsha klòboya dakìna!

E se invece, dopo, quando tutto sta veramente, veramente per finire:

Dies irae, dies illa,
solvet saeclum in favilla:
teste David cum Sibylla.

Sì, sì va bene. Ma alla fine, nel Dies Irae, anche la magia delle terzine a rime baciate si è andata a far benedire. Il frate non ce l'ha fatta proprio alla fine. Nell'ultima strofa è sceso a compromesso con i distici e l'ultimo non gli è neanche riuscito: pie Jesu Domine, dona eis requiem. Amen. E adesso, col senno di poi: tutto il problema, pur restando nei distici ma senza rinunciare proprio sul finale, se proprio dovevi finire con Amen - e questo ci sembra giusto - visto che nella prima terzina avevi tirato dentro la Sibylla, l'ultima, piuttosto che lasciarla nei secoli infedele, non potevi riquadrarla con Tutankhamen?
 

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