Scritto da © gatto - Lun, 08/08/2022 - 19:17
Maria Teresa Liuzzo – Danza la notte nelle tue pupille
A.G.A, R. Editrice – Reggio Calabria – 2022 – pag. 121
Maria Teresa Liuzzo, l’autrice del poema d’amore che prendiamo in considerazione in questa sede, è nata a Saline di Montebello e risiede a Reggio Calabria (Italia). È presidente dell’Associazione Lirico-Drammatica “P. Benintende”, giornalista, editore, Direttore Responsabile Rivista Letteraria “Le Muse”, scrittrice, Dr. in psicologia, Leibnitz University Santa Fe, New Messico, USA, prof. filosofia e lettere moderne, USA, corrispondente de: “Il ponte italo – americano” – USA, Nuova Corvina, Europa (Hunedoara).
Danza la notte nelle tue pupille, la raccolta di poesie di Maria Teresa Liuzzo che prendiamo in considerazione in questa sede, presenta una postfazione di Mauro D’Castelli intitolata “Mio libro mia sfera” LA GALASSIA INNAMORATA che per le sue dimensioni notevolissime può essere considerata un vero e proprio saggio esauriente e ricco di acribia corredato da moltissime citazioni.
Il volume non è scandito e per la sua unitarietà contenutistica, formale, stilistica e semantica potrebbe essere considerato un poemetto.
Ritroviamo un continuum tra i motivi ispiratori di questo libro di poesia e quelli precedenti della Liuzzo come per esempio Miosòtide del 2009.
Quanto suddetto si rivela nella vena neolirica ed elegiaca di questa scrittura permeata da un afflato, una stabile tensione per l’amore che è sia personale per l’amato, sia cosmico per una natura interiorizzata e introiettata nell’anima della poetessa, sia amore mistico, con esiti nello stesso tempo teneri e numinosi, luminosi e umbratili sempre caratterizzati da una vaga e splendida bellezza.
Ma sotteso a quanto suddetto c’è un discorso profondissimo un livello densissimo intellettualisticamente che si evince nel libro che è frutto dell’avvertita e straordinaria coscienza letteraria dell’autrice che viene decriptata magistralmente dallo stesso postfatore nella sua complessità.
Già il titolo della raccolta pare evocare qualcosa di magico e misterioso nell’essere detta con urgenza la notte, metafora e simbolo delle tenebre ma che per altri modi porta consiglio e riposo per il corpo e l’anima.
Originale e affascinante l’immagine di una notte danzante nelle pupille del tu al quale l’autrice si rivolge che presumibilmente è l’amato.
Come scrive il critico la metafora luzziana interessata alla poetica ha non di rado un carattere teoretico e dischiude le sue immagini (come quella naturale della fulgida rosa in un giardino fiorente) trasformandole, dal mondo della natura al mondo dello spirito senza soluzione di continuità.
Del resto a questo discorso s’intona anche l’immagine della copertina nella quale ritroviamo il dipinto di Waterhouse del 1908 intitolato Lo spirito della rosa del 1908 che raffigura una donna nell’atto di annusare proprio una rosa.
Del resto la rosa cresce negli infiniti giardini della poesia e diviene spesso simbolo dell’amore e della vita per molti poeti anche del passato.
In bilico tra gioia e dolore la poetica della Liuzzo e la natura ha un ruolo importante a fare da sfondo ai sentimenti.
La maggior parte delle poesie appartiene al genere dell’haiku praticato magistralmente dalla poetessa e scrittrice.
Un tono di sospensione e di mistero pare prevalere in atmosfere di onirismo purgatoriale sempre molto evocative.
A volte si ritrova il tema della scrittura nella scrittura che diviene fatto anche etico quando Maria Teresa afferma con urgenza che scrive perché la stagione glielo impone e l’anima lo richiede e che la libertà del verso pretende d’essere cantata.
L’ordine del discorso si sdipana tra accensioni e spegnimenti subitanei che hanno una forza magica e ammaliante.
E il tema mistico si rivela quando viene detto nel canto sempre raffinato e ben cesellato che l’anima è libro fremente perfezione oltre la scrittura e quando si parla di musica degli angeli o quando rivolgendosi ad un tu del quale ogni rifermento resta taciuto la Liuzzo gli dice che ascolta la voce del Divino e che lo spirito sposa la Parola nell’inverarsi d’immagini molto suggestive che sgorgano le una dalle altre sempre in maniera alta e sublime.
Come scrive D’Castelli la poesia di Maria Teresa parla sempre in modo nuovo e potente ma esige una duttile preparazione, Infatti si deve saper invertire il flusso delle parole di tutti i giorni e trasformare le parole in emergenze di luce.
La galassia innamorata, sottotitolo che dà D’Castelli alla poderosa postfazione, ci fa intendere l’idea di un amore cosmico che, poiché si nomina l’immensità potrebbe essere amore anche per Dio e lo stesso amore per Dio come hanno scritto alcuni filosofi può essere anche interessato.
Se l’innamoramento è un attimo di grazia fugace, un incontrarsi negli occhi dell’amato, l’amore stesso è il motore, la casa scatenante e fondante della poetica e del poiein della Liuzzo.
La densità metaforica e sinestesica oltre che semantica ha un ruolo importante e comunque i versi sono permeati da leggerezza, leggibilità e chiarezza sottese ad una fortissima linearità dell’incanto.
Anche una natura fatta di epifanie primeve di gemme, di fiori e frutti detti magicamente con urgenza emoziona il lettore e la poesia nell’articolarsi dei versi assume toni magici e tutto è permeato da un vibrare dell’anima che si traduce in versi icastici, armonici e ben risolti a livello stilistico e formale.
Notiamo una fortissima, abissale differenza tra la produzione in prosa e quella in versi della Liuzzo.
Infatti mentre i libri di poesia dell’autrice sono idilliaci e ottimistici nel cantare un inno rassicurante alla vita e sono un’emanazione del bene anche se c’è il tema dell’angustia, insomma la gioia e il dolore dell’esistere, nei romanzi predomina il tema del male che si svela con storie nelle quali comunque l’eroina Mary tra innumerevoli traversie si salva sempre con l’aiuto della poesia e dell’arte, dell’angelo Raf e di Dio stesso che come scrive la Liuzzo Mary porta al collo.
Se un lettore qualsiasi leggesse la poesia e la prosa della Liuzzo per puro caso stenterebbe a credere che sono opera della stessa letterata per l’impronta sempre sublime ma diversissima con la quale la Liuzzo si esprime nei due generi.
Ma c’è un comune denominatore tra le due espressioni letterarie ed è quello della vivissima e profondissima e poliedrica intelligenza della Liuzzo che si traduce in meravigliosa affabulazione nella prosa e in scintillante elaborazione nella poesia.
Inoltre va messa in luce la grandissima originalità della produzione in toto dell’autrice che costituisce un vero unicum.
Anche il sogno qui si trasforma in linfa vitale anche se non ne conosciamo i contenuti.
Inoltre serpeggia sempre il tema della reverie, del sogno ad occhi aperti che dà bellezza alle pagine e rende l’ordine del discorso oltre il limite del possibile nella sua perfezione.
Una verginità morale trapela dalle poesie e anche dai romanzi ma il lettore intende che chi scrive conosce bene la vita e le sue regole oltre a conoscere il bene e il male.
Se in poesia tutto è presunto dagli haiku traspare massimamente questo assunto nel crearsi una fortissima dose d’ipersegno che deborda dalle magiche poesie.
L’io-poetante pare interanimarsi con la natura elegiaca che l’avvolge e anche l’uomo è natura e la natura è superiore all’uomo.
Nel volume è presente il tema anche di un dolce e pacato erotismo quando la poetessa si rivolge al tu e tutto è pervaso da stupore il discorso e le parole sembrano danzare come nel titolo della raccolta stessa.
Se la danza stessa è arte qui trattandosi di poesia si ha la sensazione attraverso le parole dette con urgenza sempre raffinate e bel cesellate che tutto sia pervaso da una luce selenica e siderea pulsante per un gioco di natura e tutto è armonico nello svelarsi del sentiero dell’anima dove l’io poetante s’incammina trepido e veloce danzante anche lui in una danza panica.
E del resto trapela nell’anima del lettore il desiderio di una fusione con la natura come un tempio attico costruito su una collina.
Maria Teresa Liuzzo rimbaudianamente dimostra che il vero poeta è un veggente e forse aveva ragione Maria Luisa Spaziani quando affermava che la poesia è la forma più alta di scrittura.
Raffaele Piazza
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