Scritto da © Franco Pucci - Sab, 14/09/2013 - 21:12
Si crebbe.
Avvinghiati ai capezzoli di madre Ecuba,
divorati nella clessidra di padre Crono,
lasciammo appesa l’incoscienza dell’età
lacerata dai rovi di una tana tra le more.
Avvinghiati ai capezzoli di madre Ecuba,
divorati nella clessidra di padre Crono,
lasciammo appesa l’incoscienza dell’età
lacerata dai rovi di una tana tra le more.
Si crebbe, ma poi.
Nulla più ebbe importanza ai nostri occhi
delle labbra color rubino dell’ingordigia
così alla fonte ci radunammo come corvi
in attesa dei cadaveri degli anni in fieri.
Nulla più ebbe importanza ai nostri occhi
delle labbra color rubino dell’ingordigia
così alla fonte ci radunammo come corvi
in attesa dei cadaveri degli anni in fieri.
Si morì, il dì appresso.
Quando l’arroganza disvelò tutto il potere
e l’insipienza colse il frutto di cuori ignavi,
tutto ebbe ragion d’essere tra lampi e tuoni
in un artefatto temporale di bombe sicarie.
Quando l’arroganza disvelò tutto il potere
e l’insipienza colse il frutto di cuori ignavi,
tutto ebbe ragion d’essere tra lampi e tuoni
in un artefatto temporale di bombe sicarie.
Si crebbe e si morì. Caronte non passò.
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- Blog di Franco Pucci
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