Scritto da © Franco Pucci - Dom, 27/01/2013 - 17:04
Ci sono notti in cui raccattare pezzi di me
sparsi sul deserto di un cuscino annichilito,
inseguendo i più riottosi, i più giocherelloni
che danzano ironici flirtando con il vento,
è esercizio doloroso e alquanto improvvido.
Nemmeno un barman provetto aduso
a miscelare cocktail creativi e sapidi
sarebbe in grado col suo magico mixer
di ricompormi in una versione potabile.
Riottosi, dai bordi taglienti, sfuggono
all’assemblaggio sottraendosi abilmente
a ogni logica e attesa collaborazione.
A fatica il destro roteare amalgama i pezzi
nel tentativo d’offrire una forma decente
alle labbra dell’indecente quotidianità.
I più indocili, i più avversi e bellicosi
disertano l’adunata coatta e si rifugiano
sul cuscino, lucide tessere vibranti, atomi
bastian contrari nel melting pot della vita.
Ci sono notti in cui raccogliere queste briciole
è esercizio doloroso ma seducente, nell’ottone
della fantasia, le ansie a far da tappo e lenti,
con gli occhi appesi al soffitto, rincorro forme
geometriche per dar senso a una notte illogica.
Antico gioco, il caleidoscopio.
Ore e ore a roteare il fantastico tubetto nell’attesa
che anarchici pezzetti di vetro colorino di stupore
il giovane cuore che cessato l’abito della pudicizia
lascia scampoli di variopinta gioventù accatastati
senza alcun ordine e ritegno agli angoli della vita.
Ci sono notti in cui neanche il sesso è porto sicuro,
non riesco a ricreare di me una versione passabile
ormai i pezzi dai bordi consunti, dai colori sbiaditi
hanno perso la precisione e smarrito il percorso
si rincorrono, si accoppiano in insane disarmonie.
Un mazzetto di tessere taglienti ora ammuina,
allegro si colora gira e ruota nella sarabanda
che scompone e ricompone la mia immagine,
sul cuscino la macchia di sangue ferisce l’attesa.
Rincorrere pezzi di me in una notte asincrona,
rivestita d’insonnia, è esercizio azzardato e letale.
Potrei mettere insieme un’immagine accettabile
di quest’arlecchino che alberga nel mio cuore,
ma ho paura che se ne vada, insalutato ospite.
Mi tengo il caleidoscopio. Vuoto, però.
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- Blog di Franco Pucci
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