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A ciascuno il suo insetto

Se fossi nato ai tropici, probabilmente avrei amato il baobab ed il leopardo che vive tra i suoi rami ma qui, sul braccio di mare che mi divide da Tirana crescono malve grandi come nespoli e gli unici animali che riescono ad adattarsi sono piccole lucertole e formiche. D’autunno poi, perduto il rosa degli amori primaverili, assumono un colore di ruggine che li rende quasi sgradevoli alla vista. Avvicinandosi ad essi invece si può seguire la fitta trama di semi, incastonati come piccoli pani tra rare foglie tondeggianti.
Enciclopedisti li chiamo io, per il genio che mostrano nel diffondere il sapere dei fiori, consci di quella libertà che spetta per diritto a chi nasce pianta e ad un certo punto deve volare via.
Talvolta però su qualche ramo s’attarda a nascere un fiorellino, votato a rimanere nubile, per la mancanza di insetti interessati al suo nettare, sazi ancora delle grandi abbuffate di marzo.
Difficile incontrare api a novembre e anche se ci passano sembrano solo interessate a controllare il territorio, sorvegliare e proteggerlo da pesti invisibili ad occhio nudo o al contrario fin troppo ingombranti.
Accadde così che mentre mi trovavo là in mezzo, una di queste sentì qualcosa sulla mia testa e prese a ronzarmi attorno, come fossi io quella corolla fuori tempo.
Per conto mio avrei voluto parlarle, raccontarle la favola dell’uomo cattivo per scoraggiarla. Ma un’ape si sa è di razza tenace e non si perde d’animo se ha uno scopo in corpo.
A dire il vero all’inizio mi parve un privilegio familiarizzare con un insetto amato, ma poi cominciò ad insistere troppo, a rimanere fermo sulla fronte e succhiare imperterrito qualcosa tra le rughe.
Sarebbe finito male per me o per lei e alla fine probabilmente avrei cercato il modo di liberarmene anche a costo di sacrificarla, ma accadde qualcosa che mi fece retrocedere da ogni cattiva intenzione.
All’improvviso mi trovai di fronte uno di quelli che al mattino corrono lungo il litorale palesino. Magrissimi, li vedi incedere col passo di maratoneti, l’asciugamano al collo ed il respiro profondo, pronti a passare sotto una cascata d’acqua calda appena giunti a casa.
Questo lo conoscevo a causa di una lite sulla circonvallazione di Bari. Lui nel suo grande SUV io nella mia Panda c’eravamo ripassati per un minuto il diritto e le sue applicazioni in caso di fila ad un distributore di carburante.
Ora però inferociva per un nugolo di tafani che gli ronzava attorno. Qualcuno era fermo sulla sua testa, altri preferivano gli angoli ai lati delle orecchie, altri il sudaticcio tra Ray-Ban e narici. Nessun grido per carità, nemmeno un lamento con i passanti che ridevano sotto i baffi. Solo qualche sorrisino di circostanza da parte sua e tanti Ok non è niente.
Così passai oltre benedicendo la mia ape e, una volta a casa, bevvi la mia solita tisana di mirtilli lasciando lei al pascolo sulla tazza per il resto della giornata e me stesso a ridere e a riflettere sulla vita e le preferenze degli insetti.

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