Scritto da © ferdinandocelinio - Dom, 13/01/2019 - 00:08
Le tazzine sono tristi, oggi,
nel perlato della loro fanciullezza.
Così le mie narici pelose
e le tremolanti mani
che battono sulla tastiera
in maniera affannosamente ardita.
È una giornata terribilmente vuota.
Un requiem di Priesner.
Ma questa serata di Gennaio,
così ottusa, così vacante,
sembra suggerirmi
che in fondo bisognerebbe rinunciare a pensare.
E invece vivere l’attimo,
nutrirsi di morfina e di poesia,
perdersi in maniera giocosa.
Leggerezza. Fanciullezza. Ingenuità.
Gioco. Ironia.
È vero, non è facile
rintanarsi nei propositi
della brava matricola,
abbandonare depakin o aspirina
come ovatte che salvano la vita;
è questo il compito che spetta
agli uomini di saggezza,
ai grandi virtuosi della tribù
dei culi scoperchiati.
Tentiamoci, in fondo,
il premio è spettacolare.
*
Diciamo ch’io c’ ho in me
la parte del pederasta
e quella del sacerdote.
Mettiamolo in chiaro:
sono OMO, io,
carnale, voluttuoso,
scevro da qualsivoglia mistica,
ma c’ho dentro
una vagina nella pancia
e l’orecchio di Dio
nelle mie meningi geniali.
Diciamo anche che
non è mica facile
per un ventinovenne
malato di mente,
mettersi a pari
coi suoi sdoppiamenti
della personalità,
questa mefistofelica tripletta
uomo-ricchione-arcangelo,
avendo pure la sensibilità
di una farfalla con l’ala spezzata.
Sarebbe forse meglio,
ditemi voi,
per non soffrire
in quest’età pre-contadina,
in mezzo a tutti questi doppi,
a questi tripli,
a questa varietà schizinoide,
sarebbe meglio, allora,
avere per testicolo
l’occhio accecato di Polifemo?
*Gli ultimi versi li può capire solo Ezio. Vediamo se c'arrivi!
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