Scritto da © ferdinandocelinio - Mer, 06/02/2019 - 00:07
Quando cominciammo a baciarci
le labbra sue, tremende ciliegie di metallo
diventarono come di fuoco
sformando le mie nostalgie decembrine.
L’amore si ferma alla finestra di sera
con la notte che cala giù
come castagne di piombo.
La lingua sfiora lembi di terriccio mescalinici.
Non è un vorticare, è un ricamare incosciente
Ma quanto ci amammo in quelle calde sere
D’agonia leggera, di calma complicità sussurrata,
cuore a cuore, come due insetti in una foresta misteriosa.
*
Scade affaccendandosi nell’oroscopo
la gaia miseria dell’uomo moderno.
Sotterfugi vacchiani, intrugli chiaraferragneschi,
e bocche zeppe di plastiche tappetino degli oceani.
Io sono l’anacronismo par exellence ,
il pigro disabile alla mercé delle parole,
e scrivo, con aria di vacua superiorità,
donando alla mia infelicità un minimo fremito.
Vorrei vivere dentro Midnight in Paris
o ritirarmi su una montagna come un Zarathustra
che non annuncia al popolo la sua profezia.
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